È evidente che Renzi non sia in grado – per oggettiva difficoltà – di mantenere le promesse fatte.
L’ultima vicenda dello Ius Soli è la prova che il Governo Gentiloni è sotto tiro da parte dei Centristi, che sono contrari al riconoscimento dei diritti, per i quali tanto ha combattuto il PD.
Perché, allora, promettere ciò che non si può dare agli Italiani?
Perché, evidentemente, Renzi si sente sempre in campagna elettorale, per cui è necessitato a fare promesse, per le quali, purtroppo, poi non ha i numeri parlamentari a suo vantaggio.
È ovvio, pertanto, che di qui fino alle prossime elezioni di febbraio il teatrino della politica nazionale continuerà ad esercitarsi in espressioni, che saranno un mero “flatus vocis”, vista appunto l’assenza dei dovuti numeri nelle due aule parlamentari.
È, altrettanto, scontato che Renzi, di fronte poi alla sconfitta, riverserà la colpa al Governo Gentiloni, accusandolo di non essere stato in grado di fare la necessaria quadra intorno al provvedimento di legge, che il partito ha compulsato da tempo.
Per cui, il buon Segretario fiorentino avrà realizzato due obiettivi: aver dimostrato, per un verso, l’attivismo del PD ed, al tempo stesso, aver messo in piena luce l’inadeguatezza dell’attuale Premier, che – tutto sommato – è, pur sempre, un suo competitor interno per la candidatura a Palazzo Chigi nel prossimo inverno.
Ma, questo è il comportamento di uno statista?
Certo che no!
Un uomo delle istituzioni non si lancerebbe mai in Crociate, che sa benissimo essere perdenti, ma Renzi lo conosciamo bene.
Ha fatto cosa analoga in occasione del referendum costituzionale dello scorso dicembre, quando qualcuno gli suggeriva di sfumare la sua posizione in campagna elettorale e di prendere le distanze, quando era ormai evidente che il Paese era, sostanzialmente, contrario alla revisione costituzionale.
Ma, sappiamo bene come è andata: Renzi sostenne la causa referendaria fino alla fine ed, un attimo dopo la pubblicazione degli esiti, la notte del 4 dicembre, fu costretto dallo stato delle cose a dimettersi.
Oggi, quasi per una coazione a ripetere, ripropone temi, che sia il Parlamento, sia la pubblica opinione nazionale non sono in grado di metabolizzare, visto peraltro lo sbarco di immigrati delle ultime settimane, che per davvero pone problemi di ordine pubblico nelle nostre città, già martoriate da tutte le problematiche che conosciamo molto bene, invero.
Ed, allora, il buon Renzi si propone nella sua veste migliore: quella del candidato, dapprima alle primarie e poi alle elezioni generali, sapendo bene che questo è l’unico modo per non essere dimenticato dagli Italiani.
Ma, la strategia pagherà?
Crediamo, in verità, di no, perché la delegittimazione del Governo in carica ripropone una questione molto antica: quale deve essere il rapporto, sano, fra Esecutivo e partito di maggioranza relativa?
È ovvio che il Premier, da parte sua, forse dovrebbe ricordare al buon Renzi gli ambiti di azione rispettivi del Presidente del Consiglio e del leader di partito, allo scopo di evitare di essere lanciato in altre battaglie, destinate ad essere delle vere Waterloo per il Primo Ministro.
Ma, siamo certi che Gentiloni ha la necessaria autonomia da Renzi per distinguere competenze e campi di azione?