L’intuito appartiene solo ai grandi campioni. Riescono a immaginare una giocata con quell’attimo d’anticipo che sorprende gli avversari. Il problema è che non sempre è sufficiente il lampo di genio se non si dispone di una tecnica sopraffina per eseguire la giocata. Ecco, in questo momento, Dries Mertens mette insieme una creatività ai limiti del geniale con una classe fuori dal comune. È un giocatore dominante, in alcuni momenti quasi onnipotente. Un flagello per gli avversari.
Il gol realizzato alla Lazio (che ricorda uno di Maradona segnato sempre ai biancocelesti nel 1984) è qualcosa di inimmaginabile. Resta un mistero la modalità con cui è riuscito a girarsi repentinamente, a trovare la coordinazione e come sia riuscito a calibrare la parabola di tiro con una precisione da orafo. Sì, perché la marcatura è un gioiello, un momento poetico, un attimo di sconcertante bellezza che si riverbera in ogni replay trasmettendo sempre lo stesso stupore. Roba che le parole fanno fatica a restituire.
I paragoni con Maradona sono sicuramente azzardati. Tuttavia, adesso, a Mertens riesce tutto ciò che pensa. Immagina cose impossibili che poi riesce a mettere in pratica. Spinto com’è da una grande forza di volontà e dalla fame di vittorie, è capace di andare oltre i propri limiti, di superare il Mertens che è stato in passato. Questo, che stiamo ammirando dal giorno in cui Sarri l’ha schierato per necessità da centravanti, è tutto un altro giocatore. Tra il Mertens I e il Mertens II c’è la stessa differenza che passa tra Clark Kent e Superman. Il secondo Dries sembra indistruttibile, inarrestabile, invincibile. Si rialza dopo ogni botta, se scompare dalla partita riemerge quando nessuno se l’aspetta. Come a Bologna, spunta dal nulla e chiude la partita. Quando non è stato schierato in Champions per concedergli un po’ di riposo, il Napoli ha perso l’unica partita di questa fase. Paradossalmente, uno così si logora se siede in panchina, non se va in campo ogni tre giorni. L’istinto animalesco di cui ha parlato Sarri è più semplicemente il fuoco sacro che brucia nel petto dei campioni. È la fonte di energia che non fa sentire la fatica, anzi moltiplica le forze e fa crescere la sete di vittorie.
Ora che la parola scudetto è stata sdoganata e la scaramanzia definitivamente abbandonata, è chiaro che un collettivo meraviglioso come quello che ha costruito Sarri può essere solo sublimato dell’estro di Mertens. È lui l’uomo che può fare la differenza. Il suo pallonetto è stato come un miracolo laico: ha fatto rivivere la magia dei giorni di gloria, con la consapevolezza che il futuro può essere dolce almeno come il passato. Anche perché è arrivato il momento in cui non si può più vivere di ricordi. E un visionario come Dries Mertens lo sa alla perfezione.