Una persona a me vicina ma lontana dal mondo del pallone ha letto il mio libro.
e mi ha scritto un bigliettino per dirmi cosa ne pensa.
le parole finali sono:
“L’amore lo capisci solo se lo provi e lo riconosci solo se l’hai già provato”.
E’ stato ed è emozionante vedere che qualcuno ha capito che il libro non parla esattamente di calcio, ma prima d’amore.
ed è in virtù di quest’amore che ormai non vivo più.
cammino, mangio, dormo, lavoro, cazzeggio, e intanto immagino l’imponderabile.
e l’ansia mi divora in ogni istante.
ed è così infantile.
ed è così bello.
Ed è esattamente come in Febbre a 90°, quando Colin Firth la guarda, la sua donna, che le ha appena sparato in faccia che il calcio è solo un gioco e le dice:
“Non mi dire così!
Per favore, è la cosa peggiore!
La più stupida che uno potrebbe dire!
Perché mi sembra evidente che non sia solo un gioco.
Sì, insomma, se lo fosse pensi forse che me ne fregherebbe così tanto?
Diciotto anni!
Dico, diciotto anni!
Tu lo sai che cos’è che desideravi diciotto anni fa?
Oppure dieci?
O cinque?
Fare la vicepreside in una scuola della zona nord di Londra? Ne dubito.
Non avrai desiderato qualcosa tanto a lungo.”
e per me gli anni non sono nemmeno diciotto, ma ventinove.
quanti ne ho.
gli scudetti vinti, li ho visti solo in vhs.
perciò, per quest’ansia perenne, per le lacrime ad ogni gol, per l’aggregazione che si respira, per le fantasie di cui ci stiamo riempendo le menti e le giornate, per il fatto di essere sempre distratti, grazie.
comunque vada,
grazie.
abbiamo un sogno nel cuore.