di Gianluca Spera
Doveva essere il gran giorno di Carlo Ancelotti, invece la conferenza stampa di ieri a Dimaro s’è trasformata nel solito Aurelio De Laurentiis Show. Un po’ ha inciso il carattere schivo del nuovo tecnico del Napoli che, a differenza dei suoi predecessori, non si concede divagazioni, sofismi o incursioni nella letteratura bukowskiana. Ancelotti lascerà la parola al campo e saranno solo i risultati a decretarne i successi o gli insuccessi. Questo è già un passo in avanti perché stronca l’eventuale nascita di ancelottismi. Le ideologie è meglio tenerle fuori dal calcio (senza per questo voler disperdere il patrimonio tecnico e di risultati lasciato da Maurizio Sarri). Proprio il tecnico toscano è stato il principale bersaglio di De Laurentiis che, evidentemente, palesa una certa insofferenza nei confronti di un allenatore che ha offuscato la sua stella, essendo stato capace di costruire un rapporto privilegiato con la tifoseria a cui ha offerto un Napoli scintillante per tre anni di seguito, capace addirittura di insidiare l’egemonia juventina.
Così, il Presidente ha ritenuto opportuno riprendersi il centro della scena liquidando il triennio sarriano con fastidio: “…quei 91 punti servono solo a chi dico io”.Salvo poi riconoscere che, con ogni probabilità, il campionato scorso è stato deciso da decisioni arbitrali più che discutibili. Allora, per ricalibrare l’ostilità verso il suo ex allenatore, ha affondato il colpo di teatro, senza possibilità di repliche: L’uscita dalle coppe però non posso condividerla, tra l’altro ha determinato una perdita di bilancio di 15 milioni di euro. Non una parola sui pochi ricambi a disposizione di Sarri nella scorsa stagione, un altro fattore che pure ha inciso sulle ambizioni europee del Napoli. Ma tant’è. De Laurentiis è fatto così: prendere o lasciare. Gli incontri con la stampa si trasformano in monologhi anche perché, molto spesso, le domande che gli vengono rivolte sembrano piuttosto docili e lasciano spazio alla sua inesauribile ars retorica.
Peraltro, nonostante questo atteggiamento morbido nei suoi confronti, al termine della conferenza (o del comizio?), De Laurentiis c’ha tenuto a catechizzare la stampa su quello che sarà l’atteggiamento della Ssc Napoli nei confronti degli organi di informazione: “Riportate esattamente quello che è stato detto, senza fare vostre interpretazioni. Altrimenti non siamo più amici”.
Qualcosa di mai visto e sentito. Eppure, il vero giornalismo è proprio saper interpretare le dichiarazioni ufficiali, saper andare oltre le apparenze naturalmente senza distorcere la realtà. Invece, sembra che De Laurentiis abbia chiesto quasi a televisioni, giornali e siti di informazioni di fungere da portavoce del Napoli, di parteggiare senza conservare la giusta distanza dagli eventi cioè di disattendere la prima regola del giornalismo: l’imparzialità (al di là della simpatia che si può avere per la squadra della propria città).
“Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda. Il suo compito è additare ciò che è nascosto, dare testimonianza e, pertanto, essere molesto”. Sorge il dubbio che Horacio Verbitsky non sia tra le letture preferite del presidente De Laurentiis.