di Domenica De Falco
Circola da qualche giorno sui social uno stralcio di articolo tratto da Informazione Libera che in tanti, in particolare i docenti, stanno condividendo. Naturalmente l’ho fatto anch’io non appena mi è capitato sotto gli occhi.
È di un papà che si prende la responsabilità (già, perché oggi suona come tale…) di dire “grazie” agli insegnanti del figlio sedicenne. “Grazie” sì, la ricordate … la famosa parolina magica, caduta in fondo al pozzo nero delle cose belle e dimenticate? Ne recupereremmo moltissime altre laggiù se soltanto avessimo il coraggio di andare oltre la paura della vergogna e la necessità inibitrice della giustificazione.
Ma indagare sulla nostra generale perdita di autenticità ora ci porterebbe troppo lontano.
Senza digressioni, dunque. Ho condiviso un post semplice ed efficace, diretto ed essenziale, asciutto come quelli che mi piacciono, aggiungendo di mio soltanto che “di grazie (di grazia!) ci aiuterebbe sentirne qualcuno in più, qualche volta in più”.
Mi piacciono due parole che sento profondamente mie e che mi spingono con forza in un’avventura a cui anelavo fin da quando avevo 3 anni (“Da grande voglio essere un’insegnante…!”). “Fiamma” e “volare”.
La citazione è d’obbligo. Scrive il papà (“grazie, papà, sono io a dirtelo hic et nunc”) :
“Grazie per non aver spento nei nostri ragazzi, ma alimentato in loro la fiamma del sapere […]. Grazie per aver permesso loro di volare”.
Mi fermo un attimo e mi lascio percorrere dalla fiamma viva che alimenta, che DEVE alimentare per prima noi insegnanti perché nessuno dubiti se affermo che pure alla quinta ora, sfiniti, massacrati, stremati, i ragazzi belli, se tu insegnante(amante) parli loro e qualcosa dentro di te si infiamma, e le parole che dici diventano di carne e sangue e le doni senza riserva (senza riserva!), i loro occhi prima o poi brilleranno e si accenderanno, non può essere diversamente. Ma tu per primo devi essere inebriato perché, si sa, l’Amore funziona solo se circola… da te all’altro, dall’altro a te…
Ricordo come se fosse ieri il giorno della mia maturità. Sono passati più di 20 anni. Una mia prof., già anziana, mi tenne la mano sotto il banco quando iniziai l’esame orale. Di nascosto, senza farci vedere dagli altri… Ero emozionata, e più che sfinita da giorni e notti trascorsi tra fogli e libri, a viverli, sentirli, annusarli, e cercare di far uscire da quelle parole scritte le emozioni che potevo unire ai miei sogni di diciottenne.
Iniziai l’esame, andavo spedita, le parole chiedevano di venire al mondo, impazienti e irrequiete… Dopo un po’, lei lasciò la mia mano, mi lasciò andare da sola. Ricordo il suo sguardo dolce e tenero, che accese in me la fiamma del desiderio, e in quegli attimi il mondo avrei potuto mangiarmelo.
Ecco, questo è l’insegnante secondo me. Io sono stata fortunata, me ne sono capitati altri nella vita e confesso senza vergogna che me li sono sempre “mangiati”.
E ora passo alla seconda parola: “volare”. E preciso. L’insegnante che ha scelto e che ama il suo lavoro ti farà volare, certo, ma non solo. Saprà traghettarti verso zone che nemmeno sogneresti di raggiungere, ti spingerà dolcemente se vorrai tuffarti nel mare che ti avrà spalancato dinanzi agli occhi, però aspetterà in superficie per tenderti la mano e risollevarti se starai annaspando.
Ti vedrà crescere e illuminarti di bellezza ma te ne ruberà un pezzetto, per moltiplicarla e darla ancora e ancora e ancora, ad altri giovani, che a loro volta sapranno offrirla con generosità. Perché non è vero che se offerto l’amore si divide, qui questa legge così gretta non vale.
E quindi GRAZIE, sì, e non una e non due ma infinite volte agli insegnanti che, offesi da compensi indecenti (un euro lordo per far parte delle commissioni di concorso!!!), vilipesi da una categoria politica che, per il fatto stesso di esistere, li mortifica, continuano, come tanti coraggiosi e illuminati partigiani, a elargire sapere, emozioni, ed ali per volare a generazioni di fiori che sbocciano appena.
GRAZIE, sì, e non sottovoce ma urlando a pieni polmoni, e tremando, e innamorandoci, senza riserve, e senza paura…