Artemisia e gli occhi del diavolo, intervista all’autore Bruno Sacco

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di Maura Messina

Rubrica #Leggitavillo

 

Per la rubrica #Leggitavillo, oggi incontriamo Bruno Sacco, autore di: Artemisia e gli occhi del diavolo. Si tratta di un romanzo ambientato nella Napoli seicentesca ed è incentrato intorno alla figura della pittrice Artemisia Gentileschi, con particolare riguardo al suo periodo napoletano.

 

Puoi svelarci la trama?

La “mia” Artemisia viene a Napoli soprattutto perché attratta da nuove esperienze d’arte e di vita, seguendo le orme del Caravaggio, dopo essersi spostata in diverse città e aver raggiunto una buona fama per le sue capacità di pittrice. A Napoli, suggestionata dal precedente caravaggesco, preferisce vivere a contatto con l’ambiente popolare, benché sia costretta a frequentare anche i nobili e gli ordini religiosi, suoi principali committenti. Pur portandosi dentro il trauma irrisolto dello stupro subito in età adolescenziale da parte di un pittore della bottega di suo padre, a Napoli Artemisia crede di scoprire finalmente la possibilità di vivere una storia d’amore autentica e intensa con il duca Andrés, giovane esponente di una potente famiglia, ma nel contempo si trova ricattata dalla madre di questi che le commissiona un soggetto “diabolico” (appunto “gli occhi del diavolo”) sotto minaccia di rendere pubblico un documento che riporterebbe in primo piano il dramma dello stupro. Non aggiungo altro per non togliere il gusto della “scoperta” pagina dopo pagina.

 

Raccontaci di te

Sono Bruno Sacco, nato e vissuto a Portici, dove tuttora risiedo con la famiglia. Già docente di Materie Letterarie e autore di numerosi testi per la Scuola, da qualche anno mi dedico prevalentemente alla scrittura creativa. Oltre al suddetto romanzo, ho pubblicato due raccolte di versi: Segreti (Città di Castello, Luoghinteriori, 2017, premiata al Concorso Naz. “Città di Castello”) e L’anima e il mondo (ivi, 2018). Una mia composizione in dialetto napoletano, ‘A nuvola, ha ottenuto un riconoscimento al Premio “Salvatore Cerino” (maggio 2018).

 

Come nasce la tua passione per la scrittura?

Non posso ricordarlo. Probabilmente è nata con me.

È la mia passione principale, che – insieme alla lettura (ma le due cose sono a mio giudizio inseparabili) – occupa una parte importante della mia vita e del mio tempo. Naturalmente ne ho altre, come il gioco degli scacchi (a livello dilettantistico) e l’interesse per vari sport (in primis il calcio e l’equitazione).


Solletica la curiosità del lettore. Invoglialo a scegliere il tuo libro.

Se desiderate leggere un romanzo in cui si coniugano tra loro una trama avvincente e un contesto culturale ampio e stimolante, in un impasto linguistico vivace e variegato, Artemisia e gli occhi del diavolo è il vostro romanzo. Gli amanti delle “etichettature” lo definirebbero un romanzo storico perché in esso interagiscono personaggi realmente esistiti e personaggi inventati, peraltro in una cornice storico-sociale – quella del Seicento napoletano, autentico siglo de oro per l’arte a Napoli – rigorosamente ricostruita. Il libro è dotato anche di un suggestivo corredo di immagini.


C’è un messaggio che vorresti tramettere attraverso la tua opera?

Diffido degli autori che intendono trasmettere messaggi a tutti i costi. La buona letteratura – se tale è – ha sempre qualcosa da insegnare, indipendentemente dalla volontà dell’autore. Potrei dire che c’è un invito a riscoprire la straordinaria ricchezza culturale della storia di Napoli, ma è un invito implicito, non programmaticamente perseguito.


Parlaci di Artemisia

L’opera ruota tutta intorno ad Artemisia, pittrice eccellente, a torto catalogata genericamente tra i “caravaggeschi”, e donna straordinaria per capacità, dignità, coraggio e sfida al falso conformismo. Sulla base del lungo periodo da lei trascorso a Napoli (praticamente dal 1630 alla morte, avvenuta durante la pestilenza del 1656, tranne un breve intervallo londinese), ho costruito intorno alla sua figura una trama narrativa che è frutto della fantasia, ma che non ritengo arbitraria né gratuita, aiutato in questo dalle scarse notizie biografiche che ci sono rimaste di quella fase della vita dell’artista, che pure nella città partenopea ha realizzato opere importanti: cito tra tutte l’Annunciazione conservata a Capodimonte, un vero capolavoro.


Seleziona per i nostri lettori uno stralcio della tua opera

Riporto l’inizio del capitolo VI, perché dà un’idea del rapporto controverso che la pittrice istituisce con l’ambiente partenopeo:

A circa un mese dalla sua venuta a Napoli Artemisia poteva dire di conoscere già molto di quella città, ma non per questo pensava di averla capita fino in fondo, di possederne il senso e il significato. Sentiva che vi era sempre qualcosa di sfuggente, di inespresso, che la sua mente non riusciva a inquadrare, a mettere a fuoco. Era una città che al tempo stesso sembrava offrirsi platealmente e gelosamente negarsi. Un po le somigliava, e forse per questo a volte la detestava, a volte la amava, più spesso avvertiva che i due opposti sentimenti le si rimescolavano dentro, ingarbugliandosi. Si era resa conto che forse in nessunaltra città nobili, plebei e ceto civile avrebbero potuto vivere a così stretto contatto, condividere le stesse passioni, ed essere contemporaneamente così distinti e distanti. Giuseppe una volta le aveva parlato di una Napoli sotterranea: una rete di cunicoli che si intersecavano e si diramavano nel sottosuolo per tutta larea della città, rivelandole che uno degli accessi a quel mondo nascosto si trovava da qualche parte lì nei pressi, nel vicino complesso di San Lorenzo, gelosamente custodito dai monaci francescani. Questo fatto accentuò in Artemisia la percezione di una città bifronte, evidenza e mistero, solarità e buio, luce e tenebre, abbondanza e squallore, ricchezza e miseria.

Il "Domenicale News" fondato e diretto da Pasquale D'Anna nel 2011, nasce dall'idea e dai bisogni di un gruppo di persone che attraverso il giornale e l'Associazione culturale Kasauri, editrice dello stesso, concretizzano la voglia e l'aspirazione di un desiderio di informazione libera, indipendente e generalista. Resta immutata la volontà di rivolgerci ad un pubblico che dalle idee è incuriosito perchè "Il Domenicale" è soprattutto frutto di una idea.