di Fabio Buffa
Si fa presto a parlare di lei come il simbolo della tivvù disimpegnata e nazional popolare. Si fa presto a far passare questa Signora per un’icona del trash e del modo leggerissimo di intendere lo spettacolo e il mondo in generale; senza prendersi mal di pancia, preferendo lo stile reazionario a quello rivoluzionario.
Raffaella Carrà proprio in questi giorni ha compito 78 anni. 78 candeline che illuminano il volto, solcato da qualche legittima ruga, di una donna che ha saputo interpretare il costume di settant’anni di Italia. Eh sì, perchè debuttò al cinema da bambina, a otto anni, nel film strappalacrime “Tormento del passato”, un genere melodrammatico che negli anni cinquanta andava molto di moda.
Entra poi nel Centro Sperimentale di Cinematografia dove apprende metodi e tecniche della recitaziuone che la porteranno ad interpretare ruoli più o meno in vista in ben 12 pellicole in dieci anni. Insomma, Raffaella Carrà, all’anagrafe Raffaella Maria Roberta Pelloni, nata a Bologna il 18 giugno del 1943, nel mondo dello spettacolo entra come attrice, in ruoli drammatici ed in film per lo più d’impegno.
Prende lo pseudonimo di Carrà, nome consigliato dal regista Dante Guardamagna, a cui piaceva la pittura e volle accostare il nome di Raffaella a quello di Carlo Carrà pittore nato a Quargnento, nei pressi di Alessandria, e deceduto alcuni anni prima di questo cambiamento di nome della bionda d’Italia.
Il mondo del cinema non la convince, vorrebbe avere ruoli di maggior rielievo e i lavori che le propongono le stanno stretti, Così decide di passare al mondo del varietà: è il 1969 e la Rai propone “Io, Agata e tu”, con Nino Taranto e Nino Ferrer. Raffaella Carrà è la showgirl della trasmissione e colpisce, incantando, con quel suo stile fresco, dinamico e moderno.
Nel 1970 affianca Corrado in Canzonissima, dando scandalo per quel suo ombelico scoperto che ben presto la porterà ad essere non tanto un sex symbol, quanto un esempio di emancipazione e libertà femminile, malgrado il suo ruolo in una trasmissione molto popolare e tradizionalista.
La carriera di Raffaella Carrà è un fiume in piena, che esonda nei telefilm, nel mondo della canzone e, appunto, nei varietà. Trovando anche il tempo di fare qualcosa nel doppiaggio.
Seguono poi trasmissioni come “Milleluci”, al fianco di Mina, conduce in solitaria “Canzonissima”, nel senso che faceva un po’ da valletta a Topo Gigio e spazia in Spagna, dove diventa una vera e propria diva. Gli anni settanta di Raffaella proseguono con canzoni che ancora adesso (remixate) rimangono sempre verdi: “Fiesta”, “Tanti auguri” e “A far l’amore comincia tu”.
Gli anni ottanta di Raffa inizano con le telenovela argentine, per tornare in Italia con le trasmissioni televisive, soprattutto “Fantastico 3”, di fianco a Corrado, Gigi Sabani e Renato Zero. Poi, ancora canzoni, trasmissioni, come “Pronto Raffaella?” dove bisognava indovinare il numero dei fagioli in un grosso barattolo e, nel 1987, il passaggio alla concorrenza, ovvero Fininvest, con Silvio Berlusconi che reclutava in tivvù fuoriclasse dello spettacolo come i calciatori con il Milan.
Dopo un periodo in Spagna, negli anni novanta torna a Rai uno con “Carramba che Sorpresa!”, trasmissione che non fece ascolti da record, ma che portò Raffaella ad una popolarità (o meglio ri-popolarità) notevole, tanto che il titolo della trasmissione è diventato un modo di dire. Nel 2001 presenta il Festival di Sanremo, ripropone altre edizioni della trasmissione appena citata e ripresenta progetti canori.
Una personalità artistica a tutto tondo: cantante, ballerina, presentatrice, attrice. Una donna che ha studiato ciò che ha fatto nella vita (recitazione al Centro Sperimentale e danza all’Accademia Nazionale), figlia di genitori separati, che da ragazzina ha dovuto guadagnarsi il pane facendo la barista. Nel 2020 The Guardian la definisce un’icona sexy internazionale, simbolo culturale che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso. Sia ben chiaro, ciò non vuol dire che Raffaella Carrà sia un sex symbol vuoto: è il simbolo della sessualità e dell’amore come qualcosa di libero, gioioso e lontano da sensi di colpa e moralismi. Anche perchè il suo stile è sempre stato sobrio e riservato, facendo trapelare sempre poco della vita privata, per lo più trascorsa con il coreografo Sergio Japino.