di Alessandro D’Orazio
In questi ultimi mesi diversi studi statistici hanno evidenziato un progressivo aumento dei prezzi dei generi alimentari. Le cause, come noto, vanno ricercate essenzialmente nel conflitto Russia-Ucraina che è in corso da fine febbraio e che non mostra spiragli. Questi due Paesi garantiscono importanti forniture di grano e di altre derrate, incidendo sull’offerta e sulle quotazioni del mercato.
A ben vedere, il nostro Paese importa da Russia e Ucraina una quota cumulata del proprio fabbisogno alimentare che è minimale, di circa il 2%. Perché allora, se la parte di beni agroalimentari che arrivano da questi due Paesi è così piccola, al supermercato i prezzi si sono impennati così tanto? La risposta al quesito arriva da un’analisi Nomisma: l’Italia non è autosufficiente per molte produzioni agricole (frumento, mais in testa) e quindi deve comprarle sul mercato internazionale.
E anche se non le acquista direttamente da Russia e Ucraina, i due Paesi sono tra i top exporter di queste derrate. Di conseguenza, se smettono di esportarle, le quantità disponibili sul mercato si riducono e i prezzi si impennano.
Un altro aspetto da considerare per spiegare l’aumento dei generi alimentari è il rincaro dell’energia. Si tratta del costo più rilevante se si pensa al forte balzo delle quotazioni del gas naturale.
L’industria agroalimentare è quasi tutta energivora e, nei prossimi mesi, dovrà affrontare rincari enormi. C’è poi un ulteriore tegola in arrivo. Anche la logistica sta iniziando a costare di più, sia per l’aspetto dell’energia, sia per la carenza di strutture. È dunque verosimile che a breve vi sarà un rincaro del traffico su gomma e su rotaia, e questo significherà un aumento dei costi per far arrivare le merci dall’estero.
Dinanzi a una congiuntura così sfavorevole, il rischio è che i commercianti possano avere la tentazione di aprire all’ingresso di materiali e prodotti a prezzi bassi, ma di minore qualità. E anche questo aspetto rappresenta una pericolosa incognita che si potrebbe ripercuotere sul tessuto produttivo nazionale.