BAGNOLI: IL DISASTRO AMBIENTALE SI STA RIVELANDO UN BLUFF

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 SMONTATE LE TESI DELLA PROCURA CHE AVEVA BASATO TUTTA L’INCHIESTA SU UN ESAME FATTO IN UN LABORATORIO PRIVATO!

di Simone Di Meo*

Le analisi dell’Agenzia regionale per l’ambiente confermano che la messa in sicurezza dell’area funziona e che regge anche l’impianto di depurazione delle acque: con queste premesse, come farà il Governo a sborsare altre centinaia di milioni di euro per un lavoro già fatto?

 

Il bluff della bonifica di Bagnoli potrebbe presto trasformarsi nel bluff del processo sulla bonifica di Bagnoli. Quello che sta emergendo in dibattimento, davanti ai giudici della VI sezione del Tribunale di Napoli, non solo sconfessa infatti la ricostruzione della Procura, che da due anni tiene sotto sequestro l’area, ma rischia di mettere seriamente in imbarazzo Matteo Renzi che, sulla riqualificazione di Coroglio, si è esposto in prima persona imponendo il commissario straordinario Salvo Nastasi e aprendo uno scontro feroce col sindaco Giggino de Magistris.

Bagnoli_111211Se, come pare dai risultati delle udienze che si stanno celebrando nel più assoluto anonimato da sei mesi a questa parte, lo scenario apocalittico ipotizzato dal pm Buda non esiste, perché la messa in sicurezza delle aree potenzialmente inquinate è reale ed ha funzionato e perché la gran parte della bonifica è stata completata; allora che cosa ci sta a fare Nastasi?

Davvero il Premier, prendendo per buone le ipotesi degli inquirenti nella fase preliminare delle indagini, è pronto a tollerare che altre decine se non centinaia di milioni di euro vengano spese per rifare quello che, sostanzialmente, è stato già realizzato (seppur con colpevoli ritardi) in questi venti anni? Rischiando, per lo più, uno scontro istituzionale col Comune di Napoli che lo accusa di averlo illegittimamente espropriato dei poteri?

Eppure basterebbe che qualcuno, tra i tanti osservatori di Palazzo Chigi, facesse una capatina in aula il giovedì per rendersi conto di un paio di cose. E cioè che non è vero, o almeno finora non ci sono prove contrarie, che l’impianto di depurazione delle acque di falda e le misure di messa in sicurezza a Bagnoli non funzionano. Si tratta di impianti certamente vecchi, ma gli esami dell’Arpac – l’Agenzia regionale per l’ambiente – hanno confermato che l’acqua non è inquinata.

 Lo era sulla base di un solo esame fatto (nei laboratori privati) dai consulenti del pm, usando però – hanno sostenuto gli avvocati difensori degli imputati – protocolli incompatibili con le finalità di monitoraggio. Rimessi a posto i parametri e ripetute le analisi, tutto è rientrato nella norma. Un errore di metodo, insomma.

Un po’ come usare un metro per pesare un chilo di mele. Come si fa? Sorvolando sulle discrepanze del 18mila per cento (!) tra i risultati degli stessi laboratori privati su specifici segmenti di indagine, i collegi difensivi hanno sostenuto davanti ai giudici che pure il fiumiciattolo che, passando per l’ex fabbrica Italsider, sfociava a mare non può essere tuttora agente inquinante perché è stato “intombato” e spezzato in due parti prima di arrivare alla spiaggia.

Particolare questo incredibilmente sottovalutato nella fase iniziale delle investigazioni. In definitiva, i documenti delle difese (avvocati Maurizio Lojacono, Riccardo Polidoro e altri) proverebbero che non vi sono fonti di inquinamento verso l’arenile, ma è il mare – inquinato, anzi inquinatissimo – che riporta sostanze velenose sul litorale. Dove sarebbe quindi questo disastro ambientale contestato dai consulenti della Procura? E soprattutto in che cosa consisterebbe l’inerzia degli organi incaricati della messa in sicurezza di Coroglio? L’unica certezza riguarda non tanto i terreni, ma – appunto – il mare.

Il direttore generale del ministero dei Beni Culturali, Salvatore Nastasi, durante una conferenza stampa oggi 23 marzo 2011 a palazzo Chigi a Roma. ANSA / ETTORE FERRARI
Il direttore generale del ministero dei Beni Culturali, Salvatore Nastasi

Le acque pullulano di Ipa (Idrocarburi policiclici) e Pcb (Policiclici aromatici), e questo è indubbiamente colpa degli antichi sversamenti dell’ex Italsider. Bisognerebbe dragare il fondo marino e poi smaltire la sabbia “avvelenata” ma di questo nessuno parla.Un intervento molto meno costoso (e forse più proficuo) del totale rifacimento delle opere di bonifica che, allo stato, pare profilarsi sotto la regia di Nastasi se il Governo continuerà a disinteressarsi dei risultati processuali di un’inchiesta che ha sì ispirato il decisionismo di Renzi ma che ora sta portando a tutt’altri risultati. Se non si mette mano al mare inquinato, il problema non si risolverà mai.

E pure il Comune di Napoli, messo sotto tutela dal presidente del Consiglio, perché non segue con attenzione il processo visto che si è pure costituito parte civile contro i suoi stessi ex amministratori? Scoprirebbe, probabilmente, tante cose interessanti.

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