di Alessandro D’Orazio
E’ stato appena reso pubblico il sesto rapporto dell’Istat sul Benessere equo e sostenibile, un documento basato sulla valutazione di 130 indicatori, raggruppati in dodici “domini”: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.
In particolare dall’analisi emerge un complessivo miglioramento della situazione italiana, a cui tuttavia non corrisponde una maggiore soddisfazione dei cittadini per la propria vita. Se da una parte sono stati evidenziati progressi nei settori del lavoro e conciliazione dei tempi di vita, del benessere economico, dell’innovazione, della ricerca e della creatività, dall’altro lato a subire un netto tracollo sono le relazioni sociali, con oltre un terzo degli indicatori in peggioramento. Una vera e propria debacle sociale, dunque, sotto molti punti di vista.
Una considerazione sottolineata dall’Istat è quella che “nel medio periodo si registra un quadro di progressivo impoverimento delle relazioni sociali per tutte le ripartizioni geografiche, confermato anche nell’ultimo anno”. Nel 2017 – annus horribilis in quest’ambito – si registra “il valore più basso dal 2010” nel dominio delle relazioni sociali, e ancora “la quota di persone che esprimono fiducia negli altri si conferma molto bassa”. Non sorprende quindi che anche la soddisfazione per la propria vita presenti una nuova flessione. Sono meno soddisfatte le donne (38,6% contro il 40,6% degli uomini) e gli anziani (il 33,9% delle persone con più di 75 anni).
Secondo alcuni si tratterebbe addirittura di numeri in grado di condurre a quel “sovranismo psichico” messo in evidenza dal Censis nel suo 52° rapporto sulla situazione sociale del Paese, dove da un’Italia del rancore si passa a quella della cattiveria. Nonostante questo, i germogli di speranza possono ancora sbocciare: l’Istat infatti registra un miglioramento nelle aspettative per il futuro dichiarate dalla popolazione italiana. “In lieve aumento la quota di individui che ritiene che la propria situazione migliorerà nei prossimi 5 anni (27,2%), sostanzialmente stabile quella dei pessimisti (15%)”, ma si tratta ancora di un quadro molto frammentato.
Ad incidere su queste dinamiche vi sono soprattutto gli scarsi livelli di occupazione delle persone tra i 20 ed i 64 anni (62,3%), che nonostante un leggero aumento, si attestano su ritmi più lenti rispetto a quelli della media europea (72,2%). Infine le condizioni del Mezzogiorno rimangono comunque difficili: in Sicilia la quota di mancata partecipazione al mercato del lavoro raggiunge il 40,8%, un valore dieci volte maggiore rispetto a quello registrato nella provincia autonoma di Bolzano.