La sentenza della Corte suprema spagnola sembra aver formalmente chiuso il caso relativo al processo di indipendenza della Catalogna dalla monarchia di Spagna. Le pene inflitte ai dodici leader separatisti catalani oscillano dai 9 ai 13 anni di carcere; gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli dai giudici di “sedizione” e “appropriazione indebita”, senza tuttavia che sia stata provata la colpevolezza per il reato più grave di “ribellione”.
Le stesse accuse pendono, peraltro, anche nei confronti dell’ex premier Carles Puigdemont, verso cui è stato emesso un nuovo mandato di arresto internazionale.
Il provvedimento con cui la Corte si è espressa pone fine a due anni di un processo (iniziato il 16 ottobre 2017), culminato con l’arresto preventivo di tutti i leader dell’Assemblea nazionale catalana e di Òmnium Cultura, Jordi Sanchez e Jordi Cuixart.
Due settimane dopo, l’ufficio del procuratore generale presentò una denuncia contro l’intero governo di Carles Puigdemont e i membri dell’Ufficio di presidenza del Parlamento che avevano autorizzato il voto per la dichiarazione unilaterale di indipendenza il 27 ottobre. L’allora presidente e cinque consiglieri fuggirono dalla Spagna, mentre le autorità spagnole arrestarono Junqueras e altri sei membri del governo.
L’ex presidente Puigdemont ha definito “una barbarie” la condanna inflitta agli indipendentisti, auspicando una pronta reazione del popolo catalano. Lo stesso politico ha poi aggiunto: “Non ci fermeranno, finché non arriveremo alla fine, fino a quando ribalteremo tutti gli effetti della repressione e respireremo libertà”.
Il processo, durato 52 sessioni mattutine e pomeridiane, si è protratto per quattro mesi ed è stato completamente trasmesso online attraverso il sito web del Consiglio generale della Magistratura. Lo streaming del sito web del Consiglio ha registrato oltre un milione di accessi. Durante le varie fasi del giudizio, la Corte ha respinto tutte le richieste di messa in libertà avanzate dai legali della difesa, comprese quelle presentate in chiusura di procedimento in attesa della sentenza.
Per l’occasione, le difese degli imputati hanno già annunciato che faranno ricorso contro il pronunciamento della Corte, percorrendo le uniche due strade possibili: l’appello alla Corte costituzionale per violazione dei diritti fondamentali e la richiesta di intervento della Corte europea dei diritti Umani, con sede a Strasburgo.
Nonostante le pene inflitte, appare del tutto evidente che il carcere preventivo non abbia aiutato a risolvere la questione, e difficilmente lo farà la pena detentiva inflitta ora, in quanto la reclusione degli indipendentisti non sembra essere la soluzione più adeguata. Un punto di svolta potrà pervenire esclusivamente dal dialogo politico, attraverso un processo di negoziazione che dovrebbe consentire alle due compagini coinvolte di giungere ad una risoluzione della vicenda.