di Alessandro D’Orazio
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”; è quanto recitano i primi due commi dell’articolo 21 della Costituzione italiana.
A distanza di oltre 80 anni dalla promulgazione della carta costituzionale qual è oggi il nostro rapporto con il diritto alla libertà d’espressione? Reporter Senza Frontiere (RSF) ha posizionato, nell’anno 2021, l’Italia al 41esimo posto su 180 Paesi valutati in termini di libera manifestazione del pensiero.
Nel corso della storia forme di censura si rinvengono un po’ ovunque: nelle poleis greche così come nell’Impero romano si potevano osservare episodi di roghi di libri o di giudizi volutamente distorti da parte di politici interessati a far prevalere la propria versione dei fatti. La stessa possibilità di esprimersi liberamente era un elemento di differenziazione tra cittadino e schiavo, tra cittadino e straniero.
Successivamente è stata la volta della Chiesa di Roma, la quale nel periodo medievale ha spesso dettato regole stringenti su ciò che fosse giusto o sbagliato nell’ottica di una rigenerazione morale dei costumi. Il periodo delle eresie e dell’Inquisizione coinvolse personaggi illustri, Galileo Galilei e Giordano Bruno su tutti. A entrambi fu chiesto di abiurare le proprie teorie: il primo lo fece, il secondo rifiutó e finì per essere bruciato sul rogo.
A partire dalla metà del ‘400 con l’invenzione della stampa si modificarono i rapporti di forza tra autori, lettori e “controllori”. È in questo momento, infatti, che nacque la figura del magistrato con il potere di concedere o meno il permesso di pubblicare un’opera, lavorando attraverso una censura preventiva. La nascita dei grandi Stati Nazionali produsse poi regole più stringenti: era vietato esprimere concetti contrari alla religione e al sovrano. Infine, i regimi totalitari e l’avvento dei mass media fecero sì che la censura assumesse dimensioni, forme e linguaggi differenti. Le masse iniziarono a subire passivamente i messaggi prodotti dai mezzi di comunicazione attraverso percorsi di manipolazione. Non è un caso, ancora oggi, osservare un totale controllo degli organi di stampa e di comunicazione in quei Paesi dove vigono governi illiberali.
L’arrivo delle nuove tecnologie e di internet ha, da ultimo, aperto le porte a una nuova comunicazione: slegandola dalla professionalità dei giornalisti e consegnandola a improvvisate figure dell’informazione (i blogger, ad esempio) con tutti i rischi connessi (opacità delle fonti, polarizzazione dell’elettorato e dell’opinione pubblica, etc.). Moderne forme di censura hanno fatto così capolino nel mondo, modificando profondamente il concetto di libero pensiero. Niente a che vedere certamente con le censure tipiche di una dittatura o dell’Inquisizione spagnola, ma pur sempre forme velate di limitazione che in contesti democratici e profondamente progrediti come quelli occidentali non dovrebbero mai attecchire.