di Alessandro D’Orazio
Era il 20 Febbraio 1909 quando dalle colonne del giornale francese “Le Figaro”, Filippo Tommaso Marinetti lanciava il suo incendiario “Manifesto del Futurismo”. Con questa pubblicazione l’avanguardia futurista conquistava una enorme notorietà internazionale, tanto da influenzare, in breve tempo, molte correnti artistiche e letterarie dell’epoca.
Il Manifesto si poneva come una bombarda contro tutti i cliché decadenti tardo ottocenteschi. L’esaltazione dell’energia, del pericolo, della velocità ne erano i capisaldi. Il tutto condito dalla celeberrima affermazione della guerra quale “sola igiene del mondo”: un concetto-shock non solo per l’epoca, ma anche per i decenni a venire.
“Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta“, recitava il Manifesto del Futurismo.
Parole in grado di descrivere perfettamente il Novecento meglio di tanti commenti storici e che probabilmente ancora oggi godono di estrema attualità. Una attualità vista, però, nella sua forma opposta, e cioè quella di una società dove – finta velocità a parte – regna una decadenza e un immobilismo senza precedenti. Opportunismo, trasformismo e nuovi moralismi rappresentano, quindi, l’avversione alla “sfida alle stelle” così ardentemente sognata da Marinetti e a cui lo stesso poeta intendeva pervenire.