di Rosario Pesce
È evidente che, in occasione delle prossime elezioni europee, il dibattito sarà tutto incentrato sul ruolo degli Stati nazionali e sui poteri dell’Unione Europea, visto che, ormai da tempo, viene messa in discussione seriamente la principale costruzione politica degli ultimi decenni.
È nostra opinione che sia necessario, per il bene dei singoli Stati, che l’Europa non solo non sia indebolita, ma sia piuttosto potenziata, in particolare sotto il profilo meramente istituzionale, visto che si è dato vita ad un impianto molto forte in termini finanziario e monetario, ma fin troppo debole da un punto di vista, squisitamente, politico.
Forse, qualcuno potrà obiettare che, dalla caduta del Muro di Berlino in poi, il ruolo della Germania è stato preponderante rispetto a quello delle altre nazioni e che questo è stato il principale motivo di disaffezione da parte – soprattutto – degli Stati meridionali dell’Unione?
Certo è che la Germania è lo Stato più rappresentativo dell’Unione, sia per forza economica, sia per tradizioni, visto che – anche – la geopolitica ha una parte rilevante nella redistribuzione dei poteri di ogni Stato in Europa.
Altrettanto ovvio è stato il processo di progressiva marginalizzazione dell’Europa mediterranea in favore dei nuovi Stati dell’Est, che sono il mercato privilegiato dei prodotti dell’industria tedesca ed, in taluni casi, sono la propaggine mercantile verso Oriente della Germania.
Ma, non si possono negare i vantaggi che l’Europa del Sud ha tratto dal contesto continentale: le risorse europee sono state preziose e l’economia italiana ne ha tratto beneficio.
Negli ultimi anni, forse, l’Europa è stata scarsamente vicina ai Paesi mediterranei che hanno dovuto fronteggiare i flussi migratori dal Nord-Africa?
Forse, maggiore concertazione era (e sarebbe tuttora) necessaria per consentire politiche di integrazione e per evitare le scene tragiche dei minori che muoiono in mare alla ricerca di un mondo nuovo?
Certo è che i quesiti insoluti non possono essere risolti con un colpo di spugna, ma con un rilancio forte del ruolo dell’Unione, che possono promuovere solo quelle forze, che sono meno inclini al populismo e tendono, piuttosto, alla moderazione ed al senso delle istituzioni.
Ne saranno capaci o il vento populista abbatterà ciò che, con fatica e limiti, si è costruito nel corso degli due decenni?