di Federico Fiore
Arrivano ormai a tre le settimane in cui continuano a svolgersi manifestazioni e marce in Cile. Tutto è iniziato il 18 ottobre, in seguito all’aumento del 4% dei prezzi della metropolitana. I costi dei servizi di trasporto erano stati già modificati nel gennaio scorso; questo ha portato nel giro di pochi mesi a far valere un biglietto della metropolitana da 420 pesos a 830 pesos (da 0,52 a 1,03 euro).
Dopo i primi movimenti di massa, il presidente Sebastián Piñera ha reagito duramente schierando circa 10.000 soldati, imponendo un coprifuoco nella capitale Santiago e denigrando verbalmente i manifestanti, descrivendo la situazione come “un conflitto contro un nemico potente ed implacabile che non rispetta nulla e nessuno”. Ma tutto ciò non ha fermato il popolo cileno, che ha continuato ad alimentare i conflitti contro le forze dell’ordine, con ingressi massivi nelle stazioni della metropolitana, incendi e negozi saccheggiati.
Questa apparentemente potrebbe sembrare una reazione esagerata ad un piccolo aumento tariffario, ma in realtà sotto c’è ben altro. Nonostante il Cile abbia una crescita media annua del 3% ed abbia aumentato mediamente gli stipendi, la disuguaglianza sociale rimane altissima. Questo perchè non c’è un’equa tassazione che permette al ceto medio di godere della crescita economica del paese.
Inoltre i servizi pubblici sono scadenti e per niente efficienti; specchio di questo è l’aumento dell’istruzione e della sanità privata, sempre più care (le università private sono ormai il 40% e lo stato ha ridotto i contributi per quelle pubbliche). Infine, anche le pensioni hanno subito una sensibile riduzione. Insomma, l’aumento dei prezzi della metropolitana è solo la punta dell’iceberg; gli abitanti del paese sud-americano sono stremati dal distacco con i ceti più ricchi e dalla totale assenza di comprensione da parte dei politici.
Piñera, dopo le prime manifestazioni, ha capito la situazione, infatti ha subito ritirato l’aumento del costo dei biglietti ed ha annunciato un rimpasto di governo con la rimozione di otto ministri; ma nonostante questo le proteste non si sono interrotte. Il 25 ottobre c’è stata quella che è probabilmente la più grande manifestazione della storia del paese, dove oltre un milione di persone si sono mobilitate per le strade di Santiago.
Anche il 1 novembre c’è stata una grande manifestazione finita a Piazza Italia, sempre nella capitale. Il bilancio delle vittime è purtroppo di almeno 23 persone, insieme a più di 1.000 feriti e e circa 4.000 arresti; Amnesty International ha ricevuto centinaia di denunce per violazioni di diritti umani come uso eccessivo della forza, perquisizioni illegali, torture ed arresti arbitrari. Insomma, nonostante il presidente Piñera abbia cercato di far capire (anche tramite i suoi social) che ha recepito il messaggio, la situazione non sembra avere un futuro positivo, almeno per ora, ed in Cile ora sembra essere ripiombati nell’era di Pinochet.