Di Maio e Conte, era metà novembre dello scorso anno, avevano chiesto un incontro ufficiale ai turchi di Toksoz, proprietari del marchio Pernigotti: scopo dichiarato dell’audace offensiva politica dei due terzi del glorioso triumvirato di governo era scongiurare la chiusura della storica fabbrica di Novi Ligure.
Punto importante della strategia governativa era quello di legare il marchio al territorio, e di farlo attraverso apposita legislazione: <<entro la fine dell’anno – ebbe a sostenere Di Maio – faremo una proposta di legge che lega i marchi italiani al territorio». Entro questa settimana «riusciremo ad ultimare la norma ed entro la fine dell’anno sarà legge» aggiunse il vicepremier incontrando la delegazione di lavoratori della fabbrica di Novi Ligure.
Arriva poi l’inizio del nuovo anno, ed il Ministro del Lavoro dichiara esplicitamente: <<Vedremo che aria tira, di sicuro non possono raccontarci che non hanno trovato niente e che tutto torna alla soluzione originale (la chiusura dello stabilimento, ndr). Siamo disposti a concedere un po’ più di tempo, ma l’obiettivo lo deve assicurare la proprietà>>. A ciò, Di Maio fece seguire l’ennesima rassicurazione sulla questione relativa al marchio da “territorializzare”: <<Presto in Parlamento porteremo la ‘legge Pernigotti’ che impone ai marchi italiani di restare sui territori. Questo salverà tante altre famiglie in futuro>>.
Oggi, al Mise, è stato firmato un accordo per la cessazione dell’attività produttiva: lo stabilimento di Novi Ligure, insomma, chiude, dal 6 febbraio scatta la cassa integrazione straordinaria per reindustrializzazione, dalla quale per un anno saranno interessati 92 dipendenti, alla cui difficile situazione va a sommarsi quella, drammatica, di 150 interinali privi di qualsivoglia ammortizzatore sociale.
Quanto alla più volte promessa ed annunciata legge sui marchi, qual è la situazione? Leggiamo cosa pubblicava oggi La Repubblica.
<<Il deputato alessandrino di Leu Federico Fornaro aveva prsentato un disegno di legge – sostenuto da sindacato e Comune di Novi – che prevedeva che l’imprenditore che cessa l’attività perde la titolarità del marchio se questo è stato depositato oltre 50 anni prima nel Comune dove c’è la produzione. E un disegno analogo è stato presentato da Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e pure lui alessandrino. Ma nessuno dei due progetti è stato approvato in tempo per salvare la Pernigotti dall’oblio>>.
Ora, si legge che ci sarebbero già alcune manifestazioni di interesse per rilevare lo stabilimento, e questo non può fare che piacere, ma il punto centrale è un altro.
Di Maio, ancora una volta, si era presentato con sicumera invidiabile, lasciando intendere che stavolta, al suo cospetto, sarebbero stati i turchi ad urlare, impauriti, <<Mamma, li italiani!>>; Di Maio aveva assicurato che il Parlamento avrebbe fatto la propria parte legiferando in modo tale da tutelare il marchio Pernigotti e soprattutto quelle persone normali che col proprio lavoro ne avevano fatto un’eccellenza.
Alla fine della fiera, i turchi volevano chiudere e chiudono, mentre della “legge Pernigotti” non si vede neppure l’ombra.
Non male per chi si vanta di avere abolito la povertà: dopo i 120, mi pare, lavoratori messi in mezzo alla strada da Salvini con la chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto, ecco l’inerte passività ed anzi, peggio, le consapevoli menzogne incise a fuoco sulla pelle di altri 100 dipendenti dello stabilimento dolciario di Novi Ligure (e dei 150 interinali).
Non è certo colpa di Di Maio se la Pernigotti si è ridotta in un determinato modo: è colpa di Di Maio, però, l’aver mentito, l’avere illuso e preso in giro tante persone.
Fonti:
https://mobile.ilsole24ore.com/…/pernigotti-verso-…/AEddwUhG
https://www.google.com/…/pernigotti_di_maio_piu_tempo_…/amp/
https://torino.repubblica.it/…/pernigotti_oggi_la_firma_p…/…
https://www.google.com/…/pernigotti-chiude-definitivam…/amp/