Da Bagnoli al centro di calcolo ‘Atlas’ del Max Planck Institute di Hannover, Marco Drago, trentatreenne laureato in Fisica a Padova, ha confermato, con l’aiuto dei rivelatori del progetto LIGO (acronimo di Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), la teoria avanzata da Einstein un secolo fa: le onde gravitazionali esistono, e sono state osservate, grazie ad un segnale captato lo scorso 14 settembre, in seguito alla collisione di due buchi neri.
Una scoperta clamorosa e di notevole impatto per la storia della fisica.
Le onde gravitazionali, infatti, sono quelle deformazioni della curvatura dello spazio-tempo presenti in tutto l’universo (sì, anche noi sulla Terra siamo ‘curvati’!), che si propagano appunto come flutti a partire da una sorgente che le genera, sia essa dotata di massa o meno, modificando la distanza di due punti vicini, e conseguentemente distorcendo anche il tempo: per capire il meccanismo, possiamo immaginare banalmente quei rilievi superficiali, che si generano lanciando un oggetto in acqua.
I due buchi neri in questione, collidendo l’uno sull’altro alla metà della velocità della luce, si sono fusi, ed hanno emesso un quantitativo di energia pari proprio a queste onde gravitazionali, il cui segnale è stato captato da LIGO: più le onde sono grandi, più facile sarà coglierle. Marco Drago, e gli altri suoi colleghi, dunque, hanno avuto il compito di elaborare l’algoritmo che analizza i ‘rumori’ raccolti dall’interferometro, anche le più minuscole variazioni, il quale, a sua volta, elabora i segnali con probabili onde e, successivamente, manda un allarme ad un gruppo di persone, che deve poi reinterpretare il tutto.
Che conseguenze può avere per noi questa rivoluzione? I segnali che riceveremo dalle onde gravitazionali ci potranno dare informazioni sulle entità che le emettono, facendoci scoprire innumerevoli situazioni finora sconosciute. Poi i buchi neri, prima solo oggetti teorici, adesso sono stati confermati, e quindi un giorno potremmo anche scoprire cosa succede al loro interno, dato che risucchiano tutto ciò che vi si trovi nei dintorni e lo spediscono non si sa ancora dove. Infatti, è stato ipotizzato al loro interno ci sia un wormhole, una galleria gravitazionale, in cui spazio e tempo si contraggono fortemente, permettendo di viaggiare da una dimensione all’altra a velocità maggiore di quella della luce: una specie di teletrasporto, con cui scoprire altri pianeti, altri universi e magari confermare l’esistenza degli alieni.
Per adesso possiamo solo sognare una cosa del genere, che fa molto film di fantascienza, ma, essendo le teorie della fisica in continuo mutamento, probabilmente il meglio deve ancora venire!