Contro lo scontro di civiltà

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Quello che si viene configurando, anche, per un uso distorto e distorcente da parte dei media, è invero uno scontro di civiltà fra l’Occidente cristiano ed il Sud del mondo, islamico ed ancorato in parte a valori che sono stati, giustamente ed opportunamente, vinti dalla modernità.
Questa visione manichea è tanto efficace nella sua diffusione fra i ceti culturalmente meno progrediti dell’Europa, quanto falsa e deformante.
Non possiamo, innanzitutto, dimenticare che la cultura occidentale è tale, anche, perché si è avvalsa di quella islamica, che insieme alla cultura cristiana, greca, ebraica ha contributo a formare lo spirito moderno, per il quale ciascuno di noi non può non andare fiero.
Infatti, i numeri sono creazione di quel mondo, così come dal seme della civiltà araba abbiamo recuperato la lezione dei più importanti filosofi pagani greci, che sono stati riletti grazie alla lezione magistrale degli interpreti, medievali e moderni, di quel fulgido pensiero.
Pertanto, contrapporre la modernità cristiana all’arretratezza islamica coincide con un errore grave sul piano storico e, prima ancora, su quello politico, dal momento che una simile visione non può che rinfocolare gli estremismi ed incentivare una svolta autoritaria in Italia, come in Occidente, dove la creazione di un nemico equivale ad una finzione mentale tanto infondata, quanto meramente utile per acquisire un consenso facile e, naturalmente, foriero di una spinta antidemocratica, che si presenta come connotata ai limiti di un’autentica spinta alla prassi eversiva.
Il sentimento della vendetta è predominante e non potrebbe essere tale, quando circa centocinquanta persone hanno perso la vita, senza neanche immaginare il motivo per cui stavano per morire.
Eppure, la razionalità della nostra cultura, quella per la quale siamo stati in grado di imporre il nostro modo di essere e di pensare agli altri per diversi secoli, dovrebbe spingerci a comprendere il contesto storico, nel quale ci muoviamo, ed a non rinfocolare ulteriormente gli odi, che già sono soverchianti da ambo le parti.
La prudenza, la saggezza, la moderazione, l’invito alla riflessione sono tutte virtù preziose, tanto più in una contingenza storica nella quale la contraddizione schmittiana “amico-nemico” rischia di divenire predominante e può portare via con sé le ragioni virtuose della convivenza civile.
È ineluttabile che la Francia, come l’Europa intera si trovino ora prossime ad uno stato d’eccezione, nel quale generalmente prevale chi ha più forza per urlare posizioni e convincimenti, che sono tanti ovvi e banali, quanto deleteri per chi ne dovrebbe essere il destinatario e l’attuatore finale.
Mettiamo da parte nazionalismi, facili invocazioni al giustiziere di turno, sentimenti di rivalsa, che sanno di spirito di Crociata: ragioniamo molto più pacatamente e, soprattutto, sin dai banchi della scuola invitiamo un bambino cristiano ed uno musulmano a prendersi per mano e ad iniziare insieme un percorso di vita, che non può che vederli legati da un rapporto autentico di fratellanza, dal momento che, se quella mano non stringe fortemente la mano dell’altro, ma impugna un fucile o una bomba, il futuro non esisterà né per il cristiano, né per il musulmano.
Non si tratta di buonismo, né di facile moralismo egualitario: è l’unica strada possibile per un’umanità, che si sta progressivamente avviando verso un vicolo cieco, da cui potrebbe non essere più in grado di fare retromarcia.

Dirigente scolastico, dapprima nella secondaria di primo grado e, successivamente, nella secondaria di II grado. Gli piace scrivere di scuola, servizi, cultura, attualità, politica. I suoi articoli sono stati già pubblicati da riviste specialistiche, cartacee ed on-line, e da testate, quali: Tecnica della scuola, Tuttoscuola, Edscuola, Ftnews, Contattolab.