di Christian Sanna
Come Marco Valerio Marziale, anch’io, nè con te posso vivere, nè senza di te. Così non riesco a vivere nè con te nè senza di te, ripeteva Publio Ovidio Nasone in quella che sembra essere a tutti gli effetti una variante della frase precedente. Resta una disperazione nel fondo ed in superficie, una crepa dove non entra mai la luce poichè qui non siamo in un testo di Cohen, un rompicapo senza soluzione.
Come Ennio Flaiano Vorrei fare quello che fa il mio gatto, ma con meno letteratura, imparare dai felini l’indipendenza nelle relazioni sociali, praticare “il distacco” ad intermittenza, conservare il tuo amore la tua devozione. Esordì per questo giornale (ben diretto) scrivendo una trilogia sull’amore, fondamentalmente volevo fare colpo sulle lettrici, praticamente ho preferito rinunciare al filo di Arianna per restare nel labirinto, intrappolato nella rete dei capelli di un ideale.
Si può facilmente intuire che siamo di fronte a qualcosa di complicato ogni volta che ci sono di mezzo da una parte il sentimento ed il desiderio, dall’altra l’idealizzazione, la presa di coscienza e la difficoltosa digestione della realtà. Ho cercato di fare poesia coniugando la spritualità con la carne; volevo che il valore etico e la bellezza celeste di certe parole si facessero corpo, diventassero sostanza. Così, il primo bacio in un campo di lavanda è un desiderio che finalmente si realizza ed il lettore riesce a sentirne perfino l’odore, perchè c’è il profumo rilassante dei fiori di lavanda mischiato alle note, impossibili da mettere dentro una formula galenica, dell’incontro di due salive.
Fossi nato e crescito in Liguria le dichiarazioni d’amore le avrei fatte nella lingua dei fiori, sono certo che tulipani, garofani, girasoli e tutti i fiori di campo sarebbero stati dalla mia parte ed alla donna del destino le avrei detto donandole una viola che ancora prima di incontrarla era già nei miei pensieri, mentre con I non ti scordar di me (Myosotis) le avrei sussurrato nell’orecchio sinistro, immaginando ci fosse una tangenziale a scorrimento veloce verso il cuore, ” Non ci lasceremo mai mai e poi mai”, mi sarei presentato in un non luogo dove sarei anche stato felice con un mazzo di orchidee, solo per ringraziarla del suo amore e della sua fedeltà alla mia utopia, infine con una unica rosa rossa l’avrei incoronata mia regina di un regno dove ci si sceglie liberamente ogni giorno e non ci sono bandiere, contratti e promesse per l’eternità.
Credo nel valore della restituzione, in amore lo considero una specie di atto di fede e non ha niente in comune con la restituzione di beni materiali quali anelli di un certo valore (quelli non ritornano mai), un profumo, un maglione o un libro con dedica; penso ad un bilanciamento, al raggiungimento di un certo equilibrio perchè in teoria si ama in due più o meno alla stessa intensità, mentre nella pratica c’è chi ama di più chi meno e chi per entrambi quando l’altro ha i sentimenti atrofizzati. Serge Gainsbourg & Jane Birkin, Vladimir Majakovskij & Lili Brik, Amedeo Modigliani & Jeanne Hébuterne, Leonard Cohen & Marianne Ihlen sono solo alcuni esempi di come anche un grande amore può finire, proprio come quegli amori privi di magia e del colpo di fulmine, a volte perchè la passione iniziale a poco a poco si esaurisce come le pile non ricaricabili, altre in tragedia quando le anime sono tormentate e non riescono a trovare una collocazione meno scomoda o comunque una mediazione col mondo con cui non si riesce a comunicare, perchè le lingue sono diverse e forse manca anche la volontà di venirsi incontro.
Frida Khalo in Ti meriti un amore scrive Ti meriti un amore che ti spazzi via le bugie, che ti porti il sogno il caffè e la poesia. Come non sognare alla lettura di simili versi, tremano i polsi al cuore e gli tremano le gambe, ha le verigini ed il mal di testa e prende in prestito dal lusitano Ferando Pessoa quel suo mal d’universo che hanno in tanti, solo che alcuni non lo sanno. A mio parere il vero amore non può essere eterno. Se è eterno non può essere vero. Lasciamo che siano eterni i sogni, liberi anche di non realizzarsi. La proiezione speranzosa di quel che sarà è infinitamente migliore di qualsiasi cosa realizzata. Nella realizzazione c’è la finitezza, sappiamo già tutto, oltre quel limite non si va.
E questo dato non va d’accordo con l’umana ricerca dell’infinito. Tutto questo fiume di parole per dire che anche o forse soprattutto in amore o comunque nelle realzioni umane credo nel valore salvifico della restituzione; aver letto Platone è stato un esercizio inutile e tempo perso se non mi ha lasciato un’idea o almeno la speranza di poterla afferrare con un guizzo dalla mia poltrona di vecchio per correre verso il mare. Stesso discorso lo applico per Ovidio; lessi l’ars amatoria e già sognavo una folgorante carriera sentimentale da far arrossire Casanova.
Ma la verità o meglio una delle verità e non so neanche se la più importante è che, pur non essendo un osso, ho il cuore fratturato perchè senza paracadute ogni storia è caduta dalle altissime vette dell’imprevedibilità della vita. E ci fu un momento in cui mi chiesi Cosa posso fare per renderla felice? Cosa mi devo ancora inventare? Anni dopo ho capito che non si riesce mai ad amare una donna come lei davvero desidera. Lo so, questo dipinto ha il volto del fallimento, da qualsiasi angolazione lo si osservi. Tuttavia, c’è motivo di credere che ci sia dell’amore dentro i fallimenti perchè sono i frutti, amari o dolci che importa, di tentativi e tentare seppur disperatamente di essere felice ne vale sempre la pena. Come Tagore, anch’io siedo sull’erba e guardo il cielo. E sogno l’improvviso splendore del tuo arrivo.