di Gianluca Spera
Il governo italiano ha giocato un tiro mancino a tutte le persone che avevano acquistato voli, biglietti per eventi musicali, pacchetti di viaggio, poi annullati per le note vicende del covid-19.
Infatti, l’art 88 bis del Decreto Legge 18 del 17 marzo 2020 (convertito in legge il 24 Aprile 2020) prevede che il rimborso dei consumatori/utenti debba avvenire attraverso un voucher e non con la restituzione della somma effettivamente sborsata.
Insomma, trattasi di una norma che penalizza i consumatori in maniera grave e indecente. Non fa eccezione il tanto atteso concerto di Paul McCartney programmato per il 10 giugno in Piazza Plebiscito e poi cancellato per l’emergenza sanitaria; si badi cancellato e non rinviato. Questo significa che, in applicazione delle regole dettate dal governo, il consumatore può ricevere da Ticketone un buono pari all’importo già speso per assistere da qui a diciotto mesi a un altro concerto (purché organizzato dallo stesso promoter). Questi sono i paradossi di una normativa partorita a uso e consumo delle majors.
Da un punto di vista legale le contestazioni a questo pasticciaccio sono molteplici:
1) l’annullamento o cancellazione dell’evento ha di fatto provocato la risoluzione del contratto, concluso al momento dell’acquisto, facendo maturare il diritto del consumatore alla restituzione di quanto versato in esecuzione del contratto poi, come detto, risolto;
2) la modalità di rimborso attraverso voucher prevista dall’art. 88 bis viola le condizioni generali di contratto vigenti al momento della stipula dello stesso ed è contrastante con i diritti basilari del consumatore riconosciuti e rafforzati anche in sede comunitaria;
3) le modalità indicate da Ticketone per il rimborso attraverso voucher risultano del tutto vessatorie, essendo state predisposte unilateralmente senza alcuna approvazione da parte del contraente e avendo creato, successivamente alla conclusione del contratto (cosa incredibile!), uno squilibrio macroscopico dei diritti e obblighi derivanti dal contratto stesso;
4) la Commissione europea ha fortemente raccomandato agli Stati membri di offrire libertà di scelta tra voucher e
rimborso in denaro, ammettendo implicitamente l’assoluta illegittimità della pratica del voucher obbligatorio e minacciando procedure d’infrazione nei confronti degli Stati membri recalcitranti.
Inoltre, è intervenuta l’Autorità Antistrust segnalando al Governo e al Parlamento italiano che l’art. 88 bis si pone in contrasto con la vigente normativa europea; nel caso di cancellazione per eventi inevitabili e straordinari, la legislazione comunitaria prevede, infatti, il diritto del consumatore a ottenere un rimborso.
Ha precisato l’Antitrust che, a fronte del perdurare del conflitto tra normativa nazionale ed europea, “interverrà per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni di fonte comunitaria disapplicando la normativa nazionale con essa contrastante“.
Insomma, il consumatore ha il sacrosanto diritto a ottenere la restituzione di quanto versato per eventi poi annullati, rinviati o cancellati; tuttavia, in assenza di un ravvedimento degli organi legislativi che recepiscano gli interventi correttivi richiesti dall’Antitrust, i singoli consumatori saranno costretti a sobbarcarsi lunghe e onerose azioni giudiziarie. Come spesso succede, al danno segue anche la più classica delle beffe.
Così inquadrata la problematica, risulta di tutta evidenza che il voucher si configura come un sopruso inaccettabile perché scarica i costi delle cancellazioni sui consumatori.
Come ha ammesso candidamente anche il signor Mimmo D’Alessandro, l’organizzatore del concerto napoletano di McCartney.
“Se dovessi andare in banca a ritirare i soldi per ripagare tutti quelli che hanno acquistato il biglietto di un mio concerto annullato, la banca rimarrebbe senza soldi (glielo assicuro), questo intaccherebbe l’economia con una crisi ulteriore che si riverserebbe sul cittadino”, ha detto in una recente intervista. a Il Fatto. Per poi aggiungere che “chi protesta” è una “minoranza rumorosa” che “fa casino”, gente che ha acquistato biglietti costosi che “si poteva permettere”.
Affermazioni talmente deliranti e offensive che da sole dovrebbero suggerire al governo e al Parlamento di seguire immediatamente le istruzioni dell’Antitrust. Ma D’Alessandro dimostra una certa perseveranza. Ha chiesto scusa per l’intervista precedente in cui è stato “frainteso” ma poi ha subito rilanciato con la successiva alla rivista Rockol: “I voucher ci servono per tenere in piedi una filiera. Senza, crollerebbe tutto il nostro settore. Le aziende che si occupano dell’organizzazione dei concerti fallirebbero e, di conseguenza, non ci sarebbe più nemmeno l’opportunità di sfruttare il voucher. In quel caso sì che i soldi andrebbero persi. Il voucher è un’opzione prevista dalla legge, e meno male che è stata prevista, perché per chi fa il nostro lavoro la liquidità adesso come adesso è un enorme problema”.
Il messaggio è chiaro: cari consumatori, questi soldi non li rivedrete mai più, perché di raffa o di riffa non ve li restituiamo. In più aggiunge che le regole anti covid imposte dal governo in questa fase (e non si sa per quanto tempo ancora) non consentono di organizzare concerti negli stadi o nelle piazze. Magnifico! Quindi il voucher si trasformerebbe più in una promessa senza garanzie, in un pagherò privo di scadenza, che in un sistema certo di rimborso.
In definitiva, non resta che un’arma per combattere questa gigantesca ingiustizia: il diritto. Le prime diffide sono già state recapitate. Tutta colpa di un decreto che doveva rilanciare il Paese e, invece, costringe i cittadini defraudati a sobbarcarsi la sopravvivenza della filiera musicale. Ci sarà un giudice in Italia disposto a cancellare questo inconcepibile abuso? O si dovrà attendere il provvidenziale intervento dell’Europa?