Cupe vampe

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di Alfredo Carosella – Fotografia Noah Berger

Gli incendi incontrollati che stanno devastando la contea di Los Angeles hanno già distrutto un’area vasta quanto la metropoli di San Francisco. Sospinte da venti impetuosi, fino a 150 km/ora, le fiamme sono penetrate velocemente all’interno della contea per circa 40 chilometri. Star di Hollywood come Anthony Hopkins, Billy Cristal, James Woods e la cantante Paris Hilton hanno già comunicato di aver perso la propria casa tra Pacific Palisades e Malibu. Sono a rischio anche le ville di Jennifer Aniston, Tom Hanks, Michael Keaton e tanti altri. Cosa ce ne importa? In fondo, si tratta di milionari che potranno costruire nuove ville faraoniche ovunque desiderino. 

Il punto non è questo: vedere in rovina posti iconici quali Sunset Boulevard, Mulholland Drive e le ville dei divi, sapere che persino la scritta Hollywood ha rischiato di essere investita dalle fiamme, ci fa percepire che nessuno è al sicuro. Se la Città degli Angeli e il paradiso di Pacific Palisades vanno in fiamme, dobbiamo prendere atto che non c’è ricchezza personale che tenga, né “lido dorato” che possa garantire salvezza.

Al momento sono state evacuate 180.000 persone su 3.800.000 abitanti; altre 200.000 sono in preallarme. Le scuole sono chiuse in tutta Los Angeles che è una megalopoli grande quanto metà della Valle d’Aosta, il quadruplo di Milano. La Ucla ha trasferito le classi on-line.

È il peggior incendio di sempre, a Los Angeles, più grande persino di quello catastrofico del 1993 e dei precedenti che flagellano l’area da circa 100 anni.

C’è una combinazione di fattori che originano fenomeni tanto estremi: i venti di Santa Ana (o Devil winds) che si incanalano tra le montagne, la siccità (non piove da otto mesi), la vegetazione folta e secca, le temperature elevate.

Anche se, come detto, la zona è sempre stata colpita da vasti incendi, è impossibile non constatare che i fenomeni sono sempre più estremi e devastanti:78 giorni di incendio in più rispetto a 50 anni fa, maggiore velocità di propagazione (16 km/quadrati al giorno). Lo stesso avviene per i tornado e gli uragani in America, le alluvioni in Europa, le inondazioni in Asia. Con buona pace dei negazionisti, l’aumento di intensità e frequenza dei fenomeni avversi si spiega con le conseguenze dei cambiamenti climatici.

Come dice il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi, non bisognerebbe più parlare di emergenza ma di crisi climatica. Si sono innescati dei fenomeni a catena e non sappiamo se riusciremo a fare qualcosa per ottenere un’inversione di tendenza e una mitigazione degli eventi avversi.

Sorge un dubbio: davvero i partiti conservatori, che governano quasi ovunque nel mondo, non credono nel cambiamento climatico? C’è chi sostiene che negare l’evidenza serva semplicemente a evitare, o almeno ritardare, una regolamentazione che andrebbe a incidere negativamente sul libero mercato.

Una banale questione di soldi, quindi? No, non è possibile, nessuno può essere davvero così cieco: secondo Il Sole 24 Ore, uragani, incendi e altre catastrofi naturali hanno causato danni economici per 320 miliardi di dollari nel 2024, un terzo in più rispetto all’anno precedente. Solo per il nuovo incendio di Los Angeles la stima dei danni raggiunge già i 50 miliardi di dollari (Fonte: La Repubblica).

Dev’esserci qualche altra motivazione, oltre a una questione di mero guadagno economico. Forse, i grandi della Terra, hanno messo in conto le perdite causate dai cambiamenti climatici e valutato, drammaticamente, che non sono una priorità. Ci sono nuove guerre espansionistiche a cui dare la precedenza: la Russia che invade l’Ucraina; gli Usa che vogliono la Groenlandia, il Canada e Panama; Elon Musk che, senza alcun contrasto, sta occupando i nostri cieli con migliaia di satelliti dai quali può controllare la rete internet globale. Secondo il Wall Street Journal, Putin, da parte del presidente cinese Xi Jinping, avrebbe chiesto a Musk di non attivare i satelliti su Taiwan. Anche l’esercito ucraino non può accedere alla rete Starlink alla quale, invece, si appoggia quello russo.

Intanto, come cantavano i CSI durante la guerra in Jugoslavia: “S’alzano i roghi in cupe vampe, di colpo si fa notte, la città trema come creatura”.

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