di Mario Piccirillo
Per primo un bel piatto di Kepeleti, o di Spagheroni, al Capri Tomatoes e Cambozola. Poi un tagliere di salumi: un Carpaccio Formaggio, il Parmezali a scaglie, un tris di Mortadela, Zottarella e salama al Maskarpone, e poi i deliziosi Mini Salamini Piccollini. Con due elle, mi raccomando, diffidate dalle imitazioni. Per dessert due o tre Italia Biscuit, annaffiati da un Prisecco, o un Consecco, o un Trissecco… scialiamo!
Il made in Italy fatto all’estero è un capolavoro del tarocco, e le arance siciliane non c’entrano un fico secco, anzi… sekko. Nella grande distribuzione straniera la dieta mediterranea si traduce in un meraviglioso mondo delle storpiature culinarie. Basta aggiungere una kappa, spesso. Però se uno si ingegna, il capolavoro è presto fatto. Che dietro il paventato tricolore ci sia poi uno schifo indigeribile, chi se ne frega: il cliente tipo che si fa intortare dalla supposta eccellenza italiana è uno che compra la pasta in barattolo e la scola bella collosa dopo una mezzoretta in acqua bollente. La bestemmia gourmet è fisiologica.
Il dossier della Coldiretti, elaborato grazie ai dati forniti dai Carabinieri dei Nas, è uno spassoso termometro dell’ignoranza culinaria: due prodotti tricolori su tre venduti nei supermercati all’estero non hanno niente a che fare con l’Italia. Da Londra a Berlino, da Bruxelles a Budapest, da Bucarest a Lubiana è tutto un magna magna. E così gli spaghetti perdono consonanti o cambiano vocali a seconda del paese imitatore, diventando Spageti in Slovenia, Spaghete in Romania, e Spagheroni in Olanda. Oppure è il condimento a far la differenza: cosa non si nasconde in quelle bubazze alla “Bolognese”, tutte diverse, nel “Italiano sugo”, o “Sugo Napoli”, o nei Ravioli e Cappelletti “Come a casa”, per non parlare delle famigerate Tagliatelle Carbonara. I più storpiati sono gli immortali maccheroni, dai Makaroni in vendita nei supermercati britannici e in quelli ungheresi, ai Macaroni scovati in Romania e Bulgaria. Una perla del fake è il prosecco, maltrattato in decine di declinazioni di “Prosecco sounding”: In Germania c’è il Semisecco, il Consecco e il White Secco, ma anche il Meer Secco e il Krissecco, in Romania il Crisecco, in Inghilterra il Prisecco aromatizzato alla frutta. In Slovenia poi potrete assaggiare la Mortadela o il Bovizola, formaggio bovino che dovrebbe evocare il gorgonzola, oppure la Milanska salama al Maskarpone. In Austria, invece, oltre il muro del Brennero imperversano i sughi Arrabbiata e Bolognese, e in Germania si abboffano di “Mortadella a macina grossa italiano”, o di Zottarella, che sarebbe una specie di mozzarella fatta chissà come, o ancora di “Feine salami” con l’aggiunta di parmigiano reggiano, di “Firenza salami” sempre con formaggio, di Cambozola e di “Tortelloni all’italiana”. I Taralli Don Maralli sono, invece, tra i “nostri” prodotti in Gran Bretagna, dove vendono anche pomodori “Capri tomatoes” e “Mini San Marzano”. Nei paesi dell’Est Europa dilagano gli “Italia Biscuit”, i “Salam parmezali”, il “Salam Napoli” e il “Salam Bergamo”, i “Mini salamini piccollini”, la mozzarella “Grande Napoli”. O il caffè in versione “Sicilia style”, “Milano style” e “Corso Verona”.
E mica è solo una questione per palati maleducati. Pure gli chef si impegnano non poco a rovinare la tradizione italiana: secondo il rapporto tre connazionali su quattro restano delusi dai piatti “italiani” serviti all’estero. In Belgio usano la panna nella carbonara, in Germania l’olio di semi per la cotoletta alla milanese, in Olanda fanno il tiramisù senza mascarpone, in Inghilterra vanno pazzi per gli spaghetti alla bolognese. Una variante molto diffusa spacciata per italiana è la ‘Pasta with Meatballs’, in verità di tradizione italoamericana. Per non parlare della pasta al pesto con mandorle, noci o pistacchi al posto dei pinoli, o della tipica Caprese acchiappa-turisti servita col tristissimo formaggio industriale al posto della mozzarella di bufala. Non c’è poi molto da sorprendersi: questo è un mondo dove esiste la pizza con l’ananas… non c’è limite alla cattiveria dell’uomo.