La sessione estiva di calciomercato, appena conclusa, è stata una delle più tribolate della storia del Napoli. La si può pasolinianamente suddividere in due fasi: la prima che va dalla fine del campionato scorso alla dolorosa cessione di Higuain, la seconda che va dalla cessione del fuoriclasse argentino alla chiusura del mercato con l’acquisto rocambolesco di Maksimovic. Prima della cessione eccellente, il Napoli è rimasto in una posizione di attesa. Atteggiamento che probabilmente ha indispettito Higuain, reduce dell’ennesima delusione in Nazionale, e il suo inquieto entourage e ha provocato il clamoroso epilogo di fine luglio: il passaggio alla Juventus, roba che un tifoso partenopeo non si sarebbe prefigurato nemmeno nei suoi peggiori incubi.
Ebbene, lo shock, inatteso e improvviso, ha aperto la seconda fase: quella in cui si sono definitivamente rotti gli indugi. De Laurentiis, forte dei milioni incassati, s’è risvegliato dallo stato di torpore, scatenando un’offensiva su più fronti che ha permesso di puntellare sia il centrocampo che la difesa. Però, nonostante il lungo ed estenuante corteggiamento di Icardi e Wanda Nara, una casella è rimasta vuota: il 9 non è stato acquistato. Solo il campo e il tempo saranno galantuomini e ci diranno se si rivelerà felice la scelta di puntare sul giovane polacco Milik (calciatore non proprio simile per caratteristiche a Higuain) e il malinconico Gabbiadini (da sempre a disagio nel modulo di Sarri). Singolare la vicenda dell’attaccante bergamasco che è stato prima ripudiato, poi inserito in qualsiasi trattativa e, infine, riabbracciato come il figliol prodigo quando pure l’ultima suggestione, il ritorno clamoroso di Cavani, s’è rivelato solo una pia illusione di fine estate.
Ora spetta a Sarri restituirgli il sorriso e favorire l’esplosione di Milik. Al momento, tuttavia, i dubbi, più che legittimi, sono superiori alle certezze al di là dell’incoraggiante avvio di stagione del reparto avanzato. Uno: perché è necessario verificare il nuovo corso con avversari più attendibili di quelli incontrati finora. Due: perché al netto della pesante eredità in termini di gol, Higuain lascia un vuoto incolmabile di leadership. In ogni caso, seppur imperfetto, il Napoli che è stato consegnato al Mister Sarri sembra competitivo, sicuramente più completo in difesa e a centrocampo e con un punto interrogativo in attacco.
Se il mercato, alla fine, ha restituito un po’ di serenità – nonostante sia mancato il colpo a effetto – ma non l’entusiasmo, a un ambiente turbato e ferito, altri nodi restano ancora irrisolti: il rapporto tra il Presidente e la città, la questione stadio che non si può certo scindere dalla prima. In effetti, le ultime mosse della Società hanno dato l’impressione di voler marcare una certa distanza dai napoletani: come per esempio l’incomprensibile e indiscriminato aumento dei prezzi degli abbonamenti o il costo delle curve fissato a 40 euro, a fronte della conclamata fatiscenza dello stadio (“Il San Paolo è un cesso”). La conseguenza inevitabile di un atteggiamento, apertamente ostile, è stata la diserzione di massa che ha costretto De Laurentiis a correre ai ripari, a regalare i biglietti per la “festa” dei 90 anni, a offrire un omaggio a chi aveva acquistato il biglietto delle amichevoli estive (con gli abbonati che hanno ricevuto un biglietto omaggio per una partita per la quale avevano già pagato!).
D’altronde, l’affaire-San Paolo ormai si trascina da troppo senza che si trovi una soluzione soddisfacente.
Il Comune di Napoli s’è accollato i costi dei lavori per evitare l’onta di un possibile trasloco a Palermo durante le partite di Champions, paventando, però, il possibile raddoppio del canone di affitto che, effettivamente, al momento, appare alquanto irrisorio. Inoltre, il Consiglio Comunale quando, con la delibera n. 598/2015, ha approvato la concessione ponte con la Società Sportiva Calcio Napoli per l’utilizzo dello stadio San Paolo – valida fino all’esito della procedura per la ristrutturazione dello Stadio -, ha pure accompagnato la delibera con una mozione approvata a maggioranza. Attraverso tale mozione, tenuto conto delle attuali condizioni dell’impianto di Fuorigrotta (“scomodità e disagi” a danno degli spettatori), i consiglieri comunali hanno auspicato “che per l’intera durata di questa convenzione la Società Sportiva Calcio Napoli applichi tariffe ridotte per i biglietti di curva A e curva B, che non superino i 15 euro a partita per qualsiasi categoria, nazionale o internazionale”. In pratica, tra Comune e Ssc Napoli, è stato siglato una sorta di patto tra gentiluomini: il primo paga ed esegue i lavori, la seconda si impegna a calmierare i prezzi dei biglietti almeno nei settori popolari. Il Napoli, evidentemente, non s’è attenuto a quest’accordo.
Sull’aumento vertiginoso del prezzo delle curve è intervenuto efficacemente anche il Club Napoli Tribunale che, su Repubblica, s’è rivolto direttamente a De Laurentiis: “Napoli” siamo più noi che lei o, al più, siamo noi insieme a lei, di certo non è lei a prescindere da noi né contro di noi. È proprio questo il punto che sfugge al Presidente che, nel frattempo, ha aperto un altro fronte di polemica con la stampa, organizzando le conferenze a inviti nel centro di Castel Volturno. Un modo insolito per creare ulteriori tensioni con gli organi di informazione esclusi, proprio nel momento in cui il Napoli dovrebbe abbandonare i suoi silenzi enigmatici, mostrarsi meno reticente e non rifugiarsi solo laddove non vengono formulate domande scomode.
Il punto di rottura è proprio questo: l’assenza di chiarezza.
De Laurentiis sa perfettamente che i tifosi danno linfa alla sua Società (anche se non lo ammette mai in pubblico), così come il tifo più moderato (lontano dalle frange estreme invise al Presidente) non pretende la vittoria a ogni costo. Per ricucire lo strappo la prima mossa spetta a De Laurentiis: dica chiaramente quali sono gli obiettivi a breve termine (guai a parlare di scudetto sennò l’obiezione è che dodici anni fa si “nuotava nella merda”), spieghi se il Napoli sarà sempre costretto a cedere i pezzi pregiati per autofinanziarsi e fissi dei prezzi ragionevoli per i biglietti (a cominciare dalla prima partita di Champions), in linea con le condizioni dello stadio e del tessuto sociale a cui si rivolge.
“Questo popolo lo si può tradire se non si ha vergogna, ma non prendere per il culo”. Siamo d’accordo, Presidente.