di Giusy Gragnaniello
Con “Vuoto” di Maurizio de Giovanni ci inoltriamo in un un’altra avventura romanzesca, tra i vicoli di una Napoli rumorosa, dove il tempo scorre senza pietà dinanzi ad eventi che avvengono quotidianamente sotto gli occhi dei passanti.
Una storia che avvolgerà nuovamente il commissariato Dei Bastardi di Pizzofalcone. A prevalere sarà la parola “vuoto”, descritta dall’autore, non come un deserto, ma come un qualcosa pieno di dolore e quindi di emozioni: un vuoto “blu” , come il mare e il cielo, dopo il tramonto, dove la luce resiste ancora alla notte; “rosso” come la rabbia, il sangue e la paura; “giallo” come la gelosia e l’invidia – due parole direttamente proporzionali tra loro e questo sarà un vuoto pieno di dubbi; “verde” come il vuoto delle angosce. L’autore non dimentica il colore del buio, che è esattamente il colore del vuoto che porta ansia; porta il peso della rassegnazione e non concede tregua.
Protagonista è l’immagine della scomparsa, una scomparsa silenziosa di una donna con due vite, che lei stessa non voleva far coincidere: da un lato un marito politicamente importante e dall’altro il suo amato lavoro di insegnante.
E poi c’è l’assenza temporanea del vice commissario Pisanelli, che sarà sostituita dalla piemontese Elsa Martini: una donna che porterà con sé un altro vuoto dovuto da azioni istintive, con una una figlia che le farà da madre e una valigia di pregiudizi che dovrà superare; è proprio questo il motivo per il quale si ritroverà a far parte dei Bastardi.
Maurizio De Giovanni trascina il lettore insieme ai Bastardi in questo caso diverso dagli altri: né sangue, né lotte, né colpi di pistola, ma quel dubbio, quel mistero che travolge appieno. Parola dopo parola sarà possibile ricostruirne il puzzle, sentendosi immersi un vuoto apparente in cui l’anima viaggia in una introspezione ricostruttiva.