di Alfredo Carosella
Il linguaggio cambia, lo sappiamo, è espressione del nostro tempo. Si archiviano termini desueti (come “desueto”, appunto) e se ne coniano nuovi, come “petaloso”, “podcasting”, “noismo”, “benaltrismo”, tanto per fare qualche esempio.
Il numero dei vocaboli presenti nei principali dizionari italiani varia in modo sensibile ma pare che le parole a nostra disposizione siano circa 260.000. Secondo alcuni importanti linguisti, le persone con un’istruzione medio-alta usano fino a 47.000 vocaboli ma la maggior parte degli individui ne utilizza appena 6.500.
Il cambiamento è percepibile in molti campi ma prendiamo in esame la letteratura e i testi delle canzoni, che hanno la particolarità di distinguersi in vari generi.
In passato abbiamo avuto correnti letterarie che sono diventate delle vere e proprie scuole o movimenti d’avanguardia, capaci quindi di innovare e tracciare nuove strade da seguire e sviluppare. Ovvero, usando un’espressione cara alla politica, capaci di governare il cambiamento. Le ultime correnti o fasi della letteratura italiana risalgono al Secondo dopoguerra, con il Neorealismo di Moravia, Silone e Pasolini, il Realismo Magico di Buzzati, il Posmodernismo di Calvino, Gadda e Eco. L’elenco ridotto dei nomi è meramente esemplificativo. Gli ultimi italiani a vincere il Premio Nobel per la Letteratura sono stati Eugenio Montale nel 1975 e Dario Fo nel 1997.
Qual è la situazione attuale in Italia? Nel 2004 è nato il “Connettivismo”, il cui manifesto in stile Futurista recita: “Siamo i Custodi della Percezione, Guardiani degli Angeli Caduti in Fiamme dal Cielo, Lupi Siderali. Un gruppo di liberi sognatori indipendenti. Viviamo nel cyberspazio, siamo dappertutto. Non conosciamo frontiere”. L’intento dichiarato è quello di indagare desolati scenari urbani, città distrutte da scontri bellici, pianeti deserti e lontani, reperti dell’archeologia postindustriale (Serena Bedini, Toscanalibri.it).
Attraverso il web si trovano diverse auto-proclamazioni e c’è persino chi ha fondato una corrente letteraria denominata “Letteratura brutta”.
Al di là delle correnti e delle etichette, dei proclami e delle provocazioni, non sembra emergere un movimento riconoscibile come quelli che c’erano un tempo. È difficile individuarne le ragioni, ma forse ciò accade anche perché le innumerevoli novità editoriali hanno una vita troppo breve, e quasi mai suscitano dibattiti tra lettori, confronti in grado di interrogarsi sul presente e sul futuro dell’umanità.
I generi musicali sono distinguibili più facilmente. Oggi sono molto in voga l’indie, con le varianti che vanno dal pop al rock, e la trap.
Con riferimento solo ai testi e non all’intera performance che è composta da diversi fattori, come si esprimono? La domanda non è “cosa” dicono ma “come”.
Nel corso della finale di Italia’s Got Talent del 2019, Gigi Proietti recitò con la sua impareggiabile arte alcuni frammenti dei testi di Thegiornalisti, Calcutta, Achille Lauro, Dark Polo Gang. Brani – spiegò il compianto attore – che parlano in qualche modo d’amore, anche se con parole “smozzicate” e a volte difficili da capire. Ci sono frasi lasciate volutamente in sospeso o senza senso, ironiche, dissacranti, ma forse non c’è nulla di nuovo sotto questo punto di vista. Sarebbe sufficiente ricordare cosa cantasse Franco Battiato e quanto abbia rinnovato il panorama musicale, lasciando un patrimonio artistico che verrà ricordato ancora per molto tempo. Eppure, la sola innovazione non basta, perché quando Battiato faceva musica sperimentale non lo conosceva nessuno. Qual è, quindi, la ricetta giusta? Riusciranno i nostri artisti a scrivere una storia o una canzone indimenticabile che leggeranno o canteranno anche i nostri figli e nipoti? A toccarci qualcosa dentro, emozionandoci e facendoci scoprire una parte di noi stessi che fino a quel momento non sapevamo di avere? Riusciranno a farci viaggiare, sognare e desiderare un mondo migliore, a darci coraggio, a farci indignare di fronte alle ingiustizie?
C’è un gruppo musicale italiano che sta riscuotendo grandi successi internazionali grazie a un genere musicale che è stato dato per morto troppo presto: il rock. I Maneskin, secondi a X Factor nel 2017 (qualcuno ricorda il nome del vincitore?), nel 2021 hanno vinto Sanremo, Eurovision Song Contest (miglior testo, “Zitti e buoni”) e Mtv Europe Music Awards (miglior artista rock). Negli Stati Uniti stanno avendo un successo clamoroso, sono stati ospitati dalle principali trasmissioni televisive e hanno aperto il concerto dei Rolling Stones a Las Vegas. Non piacciono a tutti ed è giusto che sia così, anche perché, citando il loro testo premiato, “Parla, la gente purtroppo parla. Non sa di che cosa parla. Tu portami dove sto a galla Che qui mi manca l’aria”.