di Andrea Carpentieri
Secondo Di Maio, e non soltanto secondo lui, i centri commerciali vanno chiusi di domenica perché starebbero distruggendo le famiglie.
Ecco, è questo che – oltre all’ignoranza crassa e bovina di cui offre prove quasi quotidiane – non sopporto di costui: il suo volersi sintonizzare sempre e comunque sulle frequenze della pancia della gente, il suo patetico tentativo di intercettare consenso esclusivamente attraverso luoghi comuni che sono il prodotto, nonché la calamita, del più ferreo pensiero acritico.
Le decine di migliaia di persone che lavorano nei centri commerciali e che vedrebbero il proprio stipendio ridursi, signor Ministro del Lavoro, non hanno o non sono famiglie?
Non si era detto che determinate fantasmagorie promesse in campagna elettorale si sarebbero finanziate ANCHE attraverso una ripresa dei consumi e delle spese? E quanti sono coloro che, per motivi legati ad impegni di lavoro, possono alimentare i consumi e le spese soltanto di domenica? Che dire poi di coloro che, come si accennava prima, lavorano nei centri commerciali o nel relativo indotto? In nome di quale gioco di prestigio costoro, lavorando e guadagnando meno, dovrebbero poter spendere quanto spendono oggi?
Siamo proprio sicuri, poi, che le famiglie si salverebbero chiudendo i centri commerciali in occasione dell’ultimo giorno della settimana? Io, che non sono certo un sostenitore sfegatato delle domeniche al Carrefour, all’Auchan, all’outlet, vedo però che tanta gente in questi luoghi ci trascorre giornate intere insieme ai propri partners e/o figli, pranzando, passeggiando, ovviamente – e torniamo al punto di cui sopra – spendendo.
È ovvio che sarebbe meglio che la gente andasse al mare o in montagna, si godesse le bellezze della natura e dell’aria aperta, andasse in un museo (la cui gratuità domenicale pure era stata biasimata dalle teste d’uovo gialloverdi, se non erro): dire però che se si chiudono i centri commerciali di domenica si salvano le famiglie è davvero roba da schiaffi.
Come la mettiamo per chi, come scrivevo prima, si può muovere soltanto di domenica? Queste persone dovranno andare a far compere in settimana, magari lavorando di meno, ed avendo così minore disponibilità economica? O puntiamo tutto sul reddito di cittadinanza, cioè sui soldi che qualcuno prima o poi potrà mettere in circolazione più o meno quando vorrà, visto che li percepirà senza avere fondamentalmente un cazzo da fare?
Il discorso di Di Maio potrebbe avere un senso in relazione alla piccola distribuzione, certo, andata in sofferenza da anni proprio a causa dei grandi centri commerciali, ma il Macbeth di Pomigliano si guarda bene dal porre la questione su queste basi (troppo sensate, evidentemente): no, Di Maio deve metterla sul patetico delle famiglie che tornerebbero ad essere come quella de “La casa nella prateria” o quella del “Mulino Bianco” se l’Ipercoop di domenica chiudesse i battenti.
Siamo alle solite, purtroppo. Discorsi banali, temi seri puntualmente banalizzati, bersagli facili – le grandi catene – per chi alimenta odio sociale perché sa che le persone in difficoltà oggi sono tante e ne vuole intercettare il consenso (salvo poi finire come a Taranto).
Tempi sempre più duri, sempre più bui, anche se <<la Chiesa apprezza>>: perché il problema, spero sia chiaro, è in questo caso di metodo prima e più che di merito, sebbene anche nel merito si rilevino non poche scempiaggini.