di Giosuè Di Palo
Ho visto il nuovo film di Adam McKay, regista de La grande scommessa e Vice : L’uomo nell’ombra.Partiamo dal fatto che solo Netflix poteva riunire un cast stellare che, complessivamente, vanta un numero imbarazzante di premi; Da Leonardo DiCaprio a Jennifer Lawrence, da Jonah Hill a Mark Rylance, da Timothée Chalamet ad Ariana Grande, fino a Cate Blanchett ed una divertentissima Meryl Streep.
La trama è quella tipica di ogni pellicola comedy apocalittica : una laureanda in astronomia, Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence), ed il suo professore, Randall Mindy (Leonardo DiCaprio), scoprono che una cometa in orbita all’interno del sistema solare è in rotta di collisione con la Terra e occorre fare qualcosa per evitare l’estinzione.
Ma, mentre gli scienziati sono consapevoli della portata catastrofica della notizia e cercano di scuotere l’opinione pubblica, i media e la popolazione sembrano non ascoltarli, preferendo focalizzare l’attenzione sulle notizie di gossip.
Neanche il Governo Americano, nelle mani del suo Presidente (Meryl Streep), sembra dare retta alla terribile notizia, indaffarato nella campagna elettorale e da uno scandalo sessuale che riguarda proprio il Presidente.
Il film scorre veloce, con ritmi incalzanti e frenetici grazie ad un uso sapiente dei tempi comici, del movimento di macchina e, soprattutto, alla bravura dei due protagonisti.
DiCaprio mette in scena uno straordinario Dottor Jekyll in chiave moderna. Timido ed impacciato prima, quando è rinchiuso nel suo mondo fatto di calcoli e operazioni aritmetiche, ed estremamente sicuro di sé e telegenico dopo, a notorietà acquisita.
Il personaggio interpretato da Jennifer Lawrence, invece, è l’esatto opposto di come appare dall’esterno : una ragazza apparentemente disinvolta, forte e sicura, ma anche estremamente fragile e timorosa.
“Don’t look up” nasce come metafora neanche troppo velata della contemporaneità. In particolare è un riferimento, spiegato dallo stesso regista, ai cambiamenti climatici e alla devastazione che l’uomo continua a produrre.
Anche se, nonostante il chiaro richiamo all’ambiente, il film risulta tremendamente in linea coi tempi attuali soprattutto in tema Covid.
E qui si apre un mondo : così come nel film assistiamo alla contrapposizione fra negazionisti e non, movimenti “look up” e “don’t look up”, anche noi fra No-Vax, no green- pass et similia viviamo la costante e imbarazzante contrapposizione ideologica fra informazione scientifica e messaggi allarmanti su Telegram.
In “Don’t look up” la popolazione non ci crede, è spesso assente, preferisce seguire le notizie impaillettate e gli scoop più pruriginosi raccontati da Brie (Cate Blanchett), conduttrice di un seguitissimo programma tv del mattino. E l’unico modo per far acquisire consapevolezze ai più è tramite l’unico strumento in grado di generare il chiacchiericcio : le celebrities. Ed ecco che la svampita pop star Riley Bina (Ariana Grande) organizza un maxi-evento per cantare della
catastrofe imminente.
Ed è in questa costante lotta fra buonsenso e isteria di massa che si trova il grande paradosso del film : il dibattito come strumento per favorire l’immobilismo.
È il dover metter bocca su ogni argomento, senza consapevolezze né basi fondate, a vanificare tutto.
La logica del “è una mia opinione” anche in tema di dati scientifici, dove l’opinione non può esserci.
E, mentre nel film, si organizzano manifestazioni per invitare le persone a non guardare verso il cielo (“Don’t look Up!”) e si ascoltano i consigli opinabili di personaggi strampalati, da noi ci sono i cortei di piazza, le manifestazioni dei No-Vax vestiti con le tute indossate nei campi di concentramento dagli ebrei e le interviste di Massimo Giletti al dentista Guido Russo (quello del braccio di gomma per intenderci).
Don’t look up non è il film più bello che vedrete al cinema quest’anno, ma sicuramente è il più “vero”. Ed è il fatto che sia così prepotentemente ed eccessivamente di richiamo all’attualità a renderlo tragicomico. Più della storia in sé.