Quello della violenza di genere è un fenomeno drammatico, di cui la società italiana sta prendendo coscienza, solo, nel corso degli ultimi anni, visto che, per effetto della legislazione europea e della diffusione dei fondi di natura comunitaria, sta crescendo sempre più l’attenzione verso una simile problematica, che investe le donne in modo trasversale, anche indipendentemente dal ceto sociale e dal reddito.
Peraltro, la proliferazione giusta e virtuosa dei Centri Antiviolenza, all’interno della programmazione degli Ambiti Territoriali, ha fatto sì che l’opera di sensibilizzazione possa svilupparsi in modo più diffuso e sistematico, visto che le professionalità, che vengono offerte da tali Centri, vanno ad integrare quelle che le Scuole hanno, già, di loro.
I dati statistici, che sono stati pubblicati di recente, descrivono l’esistenza nel nostro Paese di una vera e propria emergenza, visto che sono più di cento le donne che, nel corso dell’anno che si sta per concludere, sono state vittime di femminicidio, mentre altissimo è il numero (circa ventiseimila) di coloro che si sono rivolte all’autorità giudiziaria ed agli stessi Centri attraverso il 1522, per denunciare condizioni di vita insopportabili al cospetto dei loro compagni ed episodi di violenza non sporadica.
Peraltro, la violenza contro le donne si ritorce, ineluttabilmente, contro i loro figli minori, che assistono sovente inermi agli atti inconsulti che i loro padri compiono ai danni delle mamme, venendosi così a creare una condizione inaccettabile per chi, invece, dovrebbe crescere in condizioni di serenità e di tranquillità.
In tal senso, pregevole è l’impegno della Regione Campania ed, in particolare, dell’Assessore Chiara Marciani, che ha dato nuovo impulso alle politiche di genere, opportunamente anche attraverso l’implementazione di progetti, che sono mirati all’inserimento professionale delle donne oggetto di violenza, visto che l’autonomia finanziaria è la precondizione perché le donne si liberino dal giogo della subordinazione ai maschi violenti e non degni del ruolo, che la società assegna loro.
Certo, molto lunga è, ancora, la strada che si deve realizzare per affermare un diritto naturale così importante, qual è quello dell’intangibilità del proprio corpo, ma certo è che l’alleanza fra le politiche sociali, le scuole, gli enti di programmazione regionale, il mondo delle associazioni non può che produrre risultati che incentivano l’emersione di una problematica che è, sempre, esistita e che, molto spesso, era inopportunamente nascosta, perché la cultura, in molte regioni del nostro Paese, propagandava il modello di una donna asservita al maschio, secondo cliché atavici che progressivamente stanno scomparendo, per effetto dell’ingresso femminile nei luoghi di lavoro e di produzione.
In particolare, in questa battaglia di civiltà la Scuola c’è e farà la sua parte per la costruzione di un mondo migliore: d’altronde, sin dai banchi si deve costruire una nuova sensibilità e le docenti, affiancate dalle professioniste dei Centri Antiviolenza, non possono che arricchire la propria professionalità e creare le condizioni di un vivere civile, che bandisca definitivamente fenomeni così spregevoli, che tolgono la dignità a chi li subisce, oltreché la vita – purtroppo – in molti casi.
Forse, nei prossimi decenni una nuova cultura si affermerà e, certamente, per la realizzazione di tale obiettivo avrà contribuito molto la giusta sinergia fra donne, uomini virtuosi, istituzioni ed enti, che potranno così porre le premesse per il riscatto, finalmente, dei “nuovi” deboli.