- di Mario Piccirillo
“Mario, 5 mesi 6 giorni 21 ore passati a guardare serie tv”. 4.506 episodi visti, dei 78 show che seguo. Ma tra quando avrò finito di scrivere questo pezzo e la sua pubblicazione, probabilmente, avrò aggiunto qualche altra oretta al monte televisivo. Ho un’app che mi aiuta a tener traccia degli episodi in uscita, a spuntare quelli già visti, a sapere quali sono lì in attesa. Tiene il conto per me, me lo sbatte in faccia ferocemente manco a dire “Mariolì, jesce, tuocc’ ‘e femmene!”. Che è poi quel che intendeva un amico al bar, l’altro giorno, in uno di quei momenti in cui faccio ammenda e mi concendo un po’ di vita sociale: “Vabbè, ma sei un professionista!”. Un drogato, più che altro. Mi faccio di buona tv, con regolarità, senza nemmeno esagerare. C’è gente, lì fuori, insospettabile, che magari ha meno ganasce quotidiane – un lavoro, i figli, lo sport – e naviga su numeri a cui non credereste.
Eppure il fuso orario dell’attenzione alle cose, almeno in Italia, viaggia sempre in ritardo. Come i treni. Ve ne sarete accorti, che è arrivato Netflix, no? Anzi ve lo scrivo per bene: è arrivato Netflix!!!. Il triplice punto esclamativo è incluso nel concetto, tiene il tono dell’annunciazione, garantisce il disvelamento della rivoluzione. E’ arrivato Netflix (!!!), e chi seguiva le sue serie tv su Sky – per dirne uno – ora ha scoperto un altro pezzettino di mondo televisivo. Netflix infatti è la patria del bingewatching, quel rito orgiastico che permette di guardare stagioni intere di uno show tutte di fila, se ti regge la vista. C’è gente che ancora non ci si raccapezza, abituata com’era a inseguire le follie del palinsesto in chiaro per non perdere il filo della trasmissione italiana di serie “vecchie” già di due o tre anni. I più scafati s’erano fatti bastare la programmazione cadenzata – ma ordinata, e persino quasi in contemporanea – della piattaforma di Sky. Poi… è arrivato Netflix(!!!) con il suo tutto e subito: cominci dal primo episodio, e senza pubblicità vai liscio di puntata in puntata. Netflix, se vuoi, fa partire l’episodio successivo in automatico, cosicché tu non debba nemmeno staccare le mani dal cesto di popcorn per premere un pulsante del telecomando. “E così ho detto addio anche all’ultimo accenno di sport che facevo”, ha scherzato su Twitter un amico in procinto di trasferire la sua intera esistenza sul divano.
Un attimo dopo che Netflix era arrivato(!!!), però, già rimbalzavano in giro un po’di bronci social: e questa serie non c’è… e a quest’altra mancano un paio di stagioni… Per non parlare di quelli che pensavano di trovarci i film in programmazione al cinema.Quando mi sono loggato per il mio bravo mese di prova gratuito ho dato un’occhiata al catalogo, e mi son detto che, beh, ho già visto quasi tutto.
E così veniamo al punto di questo pezzo (ché ho poco tempo per annoiarvi, ho una tv da guardare io!): ufficialmente si fa finta di niente, si utilizzano modi più o meno accettabili di raccontare questa platea di fanatici della televisione; si fa riferimento ad ogni piattaforma possibile, ma non si pronuncia mai la parola magica: torrent. Come se stessimo davvero aspettando che l’industria dell’intrattenimento calasse dall’alto un nuovo “canale” per darci la nostra dose quotidiana di drama, comedy e altra roba da nerd. Quando invece eravamo già tutti lì, con i nostri hard disk zeppi, e nessuno che ci sbattesse sul paginone Spettacoli di Repubblica. Ed eravamo tanti, tantissimi. Se si parla del “fenomeno serie tv” può essere utile cominciare a parlare anche del fatto che se fenomeno è, questo s’è autoalimentato sfruttando i mezzi che la rete fornisce.
Netflix, per molti di noi, soffre di una nuovissima…vecchiaia. Io, come quasi tutti i serial-addicted, sono arrivato a Netflix con il catalogo “già visto”. Perché il 22 marzo 2005, su RaiDue, andò in onda il pilot di Lost. Il 23 marzo, fulminato dalla sera precedente, presi coscienza del fatto che il medesimo episodio era stato trasmesso negli Stati Uniti il 22 settembre 2004. E che, dunque, lì da qualche parte sull’internet c’era un’intera stagione a mia disposizione, già pronta. Altro che RaiDue. Mi trasferii, andai a vivere – televisivamente parlando – in un altro mondo. E lo feci grazie ai torrent. Il torrent (mi aiuto con Wikipedia) non è altro che un protocollo peer-to-peer che consente la distribuzione e la condivisione di file su Internet. In pratica chiunque può creare e pubblicare un proprio torrent, un file di piccole dimensioni che, aperto con un programma apposito, porta a scaricare il contenuto memorizzato nel computer delle persone che stanno condividendo il file. Questa storia balla sul filo teso dell’illegalità, e non ho nessuna intenzione qui di mettermi a discutere sui diritti di riproduzione dell’ingegno umano. Anzi per essere più chiari: condividere, distribuire, copiare, diffondere file protetti da copyright è illegale e perseguibile penalmente.
Però è un universo che esiste, anzi è l’universo di cui in realtà tutti parlano senza parlarne: chi guarda serie tv con una certa dipendenza, lo fa bypassando da anni videoteche online, piattaforme on-demand e simili. Scarica gli episodi quasi in tempo reale, in lingua originale, anche in hd. Se proprio con l’inglese non è una cima, aspetta qualche oretta, un giorno, al massimo due, che l’incredibile comunità dei traduttori (Subsfactory, Italiansubs, Subspedia…) rilasci i sottotitoli in italiano ed il gioco è fatto. Non starò qui a spiegarvi nel dettaglio come funziona. Non è importante, e ci tengo a non avere la Polizia postale alle calcagna.
Certo, in questa realtà sempre più multipiattaforma (e a pagamento), c’è ancora qualcuno che aspetta la terza serata di ItaliaUno, sperando di aver indovinato il giorno giusto per incrociare la sua serie tv preferita. Ma non facciamo finta che il mondo sia ancora quello lì, così poi quando arriva Netflix ci mettiamo tre punti esclamativi e urliamo alla rivoluzione mediale.
Capiamoci. Se pensavate che Netflix (o ancor prima Sky) bonificasse d’improvviso il gap tra noi e gli Stati Uniti, beh, non è così e mai lo sarà. Netflix, come ha ben spiegato Simone Tolomelli su Wired, nasce – e cresce fino a diventare una multinazionale – come catalogo di prodotti televisivi e cinematografici che sono “già successi”, non di quelli in corso. Ci troveremo un bel po’ di roba andata in onda nel passato, anche recente. “Ma se ci aspettiamo di trovare l’ultima stagione di The Good Wife su Netflix, non la troveremo. Ci saranno quelle scorse. E non ci sono perché The Good Wife è un prodotto CBS; e non ci sarà Game of Thrones perché è un prodotto esclusivo HBO, eccetera”. Netflix cioè, fa né più né meno quel che faceva Blockbuster quando ancora usava dover scendere da casa e muovere i piedi per scegliere che film guardare alla sera prima di provarci con la tipa di turno. Netflix compra prodotti di altri quando gli altri li mettono in vendita, perché Netflix è una videoteca. Una videoteca così grande ed importante che ad un certo punto ha cominciato a produrseli da sola, gli show. Una robetta di una certa qualità, per giunta: Narcos, Bloodline, Sense8, Daredevil (sì le ho già viste tutte, e sì… sono malato). E’ di Netflix pure House of cards, ma no, non la trovate su Netflix. Perché, visto che in Italia Netflix un paio di anni fa ancora non era sbarcata, aveva venduto i diritti a Sky. Cioè: lo show di punta di Netflix non va su Netflix, ma su una diretta concorrente. Capito? Dei suoi prodotti fa quel che vuole, tanto da riuscire ad intuire prima di tutti il modello di fruizione vincente e farne un paradigma: non più la messa in onda di un episodio a settimana – con tutto il suo contorno di attesa tipico della “bolsa” tv – ma anzi tutta la stagione rilasciata in catalogo, a disposizione degli abbonati. Cambiando così anche la scrittura degli show stessi, prima precaria in funzione dei dispetti del rating, e ora invece organica come quella dei lungometraggi.
E’ il modus operandi del pirata tipo: una volta terminata scarico la stagione intera, e poi me la bevo tutta d’un sorso. Così fa(ceva)n tutti. Io, per esempio, non più. Lo giuro sull’ultimo episodio di Fargo andato in onda negli Usa qualche ora fa, che NON è spuntato sul mio hard disk, e che NON ho intenzione di guardare. Eh.