di Pompeo Di Fazio
Sarebbe un provvedimento di buon senso, oltre che un arricchimento del bagaglio culturale dei ragazzi e delle ragazzi. E’ giunta l’ora, infatti, di cominciare a prevedere l’inserimento dell’educazione alimentare nelle scuole.
Sono diversi i motivi che rendono non più rinviabile una decisione in tal senso: in primo luogo per l’importanza che il cibo riveste nella crescita dell’individuo, dunque una corretta alimentazione è fondamentale per il sano ed equilibrato sviluppo dei ragazzi. Senza contare le implicazioni che il cibo ha dal punto di vista dell’economia, dell’ambiente, e non ultimo rispetto ad un tema di stretta attualità, le migrazioni.
Tutti temi che sono di estrema attualità anche nell’occidente ricco ed industrializzato.
Su due aspetti va posta l’attenzione. Con la pandemia, e la crisi che ha generato, sono aumentate le famiglie in difficoltà, che non riescono più a garantire normali fabbisogni alimentari ai propri figli.
Infine, il problema dei problemi: oggi viviamo nella società dell’immagine, che predilige ed impone stereotipi fisici spesso inavvicinabili – si pensi ad esempio alla taglia 38 – che incidono in negativo sulla personalità degli adolescenti, con tutte le conseguenze ed anche i costi che ne derivano per la società.
Introdurre la materia a scuola, formare i ragazzi, potrebbe essere il punto di partenza per arginare difficoltà nella crescita fisica e psicologica e aiutare i genitori nel delicato compito dii sostenere i loro ragazzi.
Ne sta facendo una battaglia la Fondazione Guido Carli e per questo va sostenuta.
I nostri rappresentanti politici dovrebbero recepire l’istanza e legiferare di conseguenza. Dei tanti tentativi di riformare e ammodernare la scuola che si sono succeduti negli anni, introdurre l’educazione alimentare potrebbe essere uno dei provvedimenti più sensati.