Non si può certo dire che oggi siamo carenti in comunicazione: dai social network ai messaggi vocali e scritti di WhatsApp, dalle mail anche jambo e certificate alle conversazioni video, non possiamo certo pensare di essere lontani, soli, chiusi nella nostra intima realtà abitativa. Il mondo è vicino al mondo, eppure c’è una comunicazione ancestrale, antichissima che dilaga forte e preponderante, la cui visibilità nei mesi di spiaggia e sole è ancora più evidente: il tatuaggio!
Agli albori della storia, gli uomini delle caverne si ricoprivano il corpo con disegni indelebili per senso di appartenenza; tradizione che si è evoluta nella storia e in diversi luoghi secondo abitudini via via differenti.
Cosa spinge diverse persone alla esigenza atavica di ricorrere al tatuaggio? Trasgressione, ricerca di una identità, esigenza di una spiritualità o di una appartenenza politica sono le motivazioni più accreditate. In ogni caso si parla di una esigenza psicologica di appartenenza o di esibizione, di tracotanza o di scarsità comunicativa. Insomma, il tatuaggio è tutto ed il contrario di tutto: è lotta, ma anche pace; è difficoltà a comunicare o eccesso di comunicazione; é aggressività ma anche dolcezza; è trasgressione ma anche inflessione. Ognuno dipinge la pelle secondo il proprio gusto o secondo le mode, ma lo fa con l’unico scopo di comunicare o perché ha difficoltà a farlo secondo canali consueti o perché ha l’esigenza di farlo oltre i soliti canali comunicativi. È una condizione/ esigenza psicologica compensativa che aiuta a tirar fuori il proprio vissuto, le proprie emozioni, i propri dolori, i propri affetti.
E l’esigenza si allarga a macchia d’olio con la incontrollata ed incontrollabile voglia di tatuarsi sempre più. Come se ogni pagina della propria vita meritasse un pezzo di pelle disegnato e colorato. Perché tutti devono sapere che quella persona o quella cosa ha segnato la tua vita. Perché tutti devono poterti chiedere, vedendo il tatuaggio, cosa significa o cosa rappresenta. Perché se non parli con gli occhi e col corpo, magari parli meglio e di più attraverso la pelle . Perché si ha bisogno di trattenere un momento, un sentimento tra le pieghe della pelle; trattenerlo per paura o semplicemente per ricordo. Appartenere e contraddistinguersi sono i fili che legano come una dipendenza il soggetto tatuato al suo tatuatore. Una sorta di legame in vita necessario per raccontare una storia di cui non rimarrà nulla ai posteri, perché si dissolverà come cenere, come pelle consumata dalla terra.