di Alessandra Hropich
La classica frase di chiusura delle favole a lieto fine mi aiuta per sottolineare due termini usati indistintamente ma che non rappresentano la stessa cosa, perché
è naturale pensare che felicità e contentezza siano sinonimi mentre non è così.
Contento viene dal verbo contenere. Essere contento, essere contenuto.
In un certo senso con dei limiti. Accontentarsi infatti significa essere contenti di quello che si ha.
Se da un lato può essere un bene, dall’altro può voler dire rimanere nel guscio, bloccarsi e non crescere.
Tutto ciò che rimane fermo non migliora sicuramente.
Felicità invece deriva da felix, ovvero fertile. Produttivo, che fa nascere, crescere e realizzare le cose.
Una persona felice non smette di creare cose nuove e lo fa naturalmente, senza che ciò sia un peso o la spaventi.
Una persona felice realizza, fa accadere le cose.
Esce dal guscio, è curiosa, entusiasta delle novità e di mettersi in gioco.
È certo invece il potere della parola e come, la stessa, possa creare la nostra realtà.
Questo è un argomento che tratto sempre, sia rispondendo ai miei lettori, sia quando mi viene richiesto di parlarne esplicitamente ad una conferenza o quando scrivo un intervento altrui per un dibattito.
Ma noto molta confusione soprattutto a livello di comprensione perché molti non colgono il significato e la valenza di alcuni pensieri, gesti e parole influenti più di altre.
Non si dà talvolta peso alle parole usandole in modo sbagliato e scegliendo a caso, le parole mortificano noi e possono distruggere una persona.
Ci sono parole potenzianti o depotenzianti, alcune parole è bene sostituirle con altre più costruttive.
Mi rendo conto che, per chi non si occupa di comunicazione, che è difficile scegliere e misurare le parole ma, non si può prescindere da quelle per aprire un dialogo o chiuderlo.
Personalmente sono ben consapevole di avere il potere di chiudere una conversazione quando uso determinate frasi e lo metto in conto da subito, so dove vado a parare soprattutto quando dico cose spiacevoli ad una persona, così come so di aprire uno spiraglio nell’altro se scelgo frasi apposite.
Ogni giorno mi trovo, per mestiere, a dover controllare e stabilire quali parole usare io per prima, bisogna capire appieno il senso di ciascuna parola per poi mettere in chiaro gli obiettivi nostri ed altrui.
Le parole costruttive hanno un valore enorme ma bisogna poi applicarsi, serve costanza per alimentare ogni giorno la gioia di realizzare ciò che ci fa stare bene.
Chi vuole la felicità restando seduto a fare le stesse cose, senza cambiare nemmeno uno dei suoi pensieri bloccanti, non riesce ad essere davvero felice ma cerca solo illusioni e muore con quelle.
La felicità vuole una rottura con le cose che bloccano, questo è ancora poco chiaro ad alcune persone dalla mentalità rigida, di quelle che non accettano nessun cambiamento e guai se metti in discussione una loro opinione o modo di pensare, diventano le tue nemiche mentre sono nemiche anche di loro stesse perché non sanno affrontarsi loro per prime.
Dunque le parole costruttive servono se, a quelle fai seguire i fatti, la tua intraprendenza e la volontà.
Ma ho notato anche che a molte persone sembra dare un certo sollievo (seppur provvisorio) già solo il lamentarsi di qualcosa, il raccontare di una vita di coppia insoddisfacente, ad esempio, o di una situazione non gratificante e questo perché in genere illude di aver risolto un problema raccontandolo ma non si vuole trovare in realtà alcun rimedio e tutto rimane in una situazione di stallo e di infelicità cronica.
Il lamentarsi con una persona amica di qualcosa, ad esempio, non è una vera volontà di cambiare ma manifesta solo un desiderio di sfogare la propria frustrazione su qualcun altro.
Ogni giorno raccolgo confidenze che hanno per oggetto le altrui insoddisfazioni senza reale volontà di reagire. Ecco il motivo per cui vedo e conosco troppe persone infelici, di quelle che si accontentano di lamentarsi con qualcuno, salvo poi lasciare tutto com’ è.
Accontentarsi non significa saper vivere ma limitarsi, mettere blocchi di cemento pesanti dinnanzi a sé.
Dunque, le parole adeguate e costruttive servono si ma a chi sa capirne il senso e a chi vuole dare una svolta alla propria vita, sennò restano lettera morta come morto è l’ animo di chi non sa reagire e lascia tutto invariato.
Ecco perché considero il libro sulla felicità il più difficile per me, perché, pur nella sua semplicità, fa capire ancora meglio quanto le persone confondano una occasionale contentezza con la felicità.
Essere contenti è un occasionale stato d’animo provvisorio e legato a qualcosa, la felicità è uno stato d’animo che prescinde dagli eventi.
Quindi mi piacerebbe incontrare più persone desiderose di ascoltare e disposte ad ammettere i propri errori già nel modo di vivere e di pensare, con il sogno (da parte mia) di poter cambiare la frase di chiusura delle favole scrivendo finalmente:
“E VISSERO TUTTI FELICI!”
Di Alessandra Hropich, autrice del libro: “La felicità? Ve la do io!”
https://www.youcanprint.it/la-felicita-ve-la-do-io/b/62150c3f-b50b-5a3d-a224-ed8dd9c9c6b1