“Edicola Votiva” è il titolo del secondo disco di AmbrOsino interamente cantato in lingua napoletana. Si presenta come un piccolo “spazio sacro” dentro il quale si riflette e si articola l’esistenza del cantautore di San Giorgio a Cremano. Canzoni come foto istantanee tra il colore e il bianco e nero, piccoli flash monografici che narrano il percorso di vita di un ragazzo in un preciso periodo storico, all’interno del quale si evolve e si modifica il tessuto sociale di una città scoppiettante e mai doma.
In questo viaggio temporale, Ambrosino racconta un’umanità che abita una Napoli sanguigna, operosa, accogliente, generosa, ma anche spigolosa, ruvida e immite. Scorrono così le immagini – talvolta sfocate – di un’essenza: la pioggia che bagna una partita di calcio tra ragazzini, le ginocchia nere, le voci che “alluccano” al terremoto, le figurine di Maradona, le occupazioni studentesche, il cinema e il sound degli anni ’70 e ’80; ma anche le religioni che risiedono i vicoli, il sacro e il profano, il disagio giovanile dei giorni nostri e gli amori nati nelle strade del centro tra le spezie delle cucine del mondo e l’aria fritta dei “cuoppi”.
E così come le edicole votive – illuminando i santi – illuminano gli angoli dei vicoli per orientare chi ci abita, con questo disco Ambrosino vuole dare luce alle sue memorie angolari, alla consapevole assennatezza, ai suoi punti fermi; prima di rimuovere gli ormeggi e riprendere il viaggio. L’accezione del disco, non a caso, è tutta nell’incipit della prima traccia: “e mo’ che vulisse / che je fosse tutto chell’ ca’ nun aggio visto? / e mo’ che vulisse / che je fosse tutto chell’ ca’ nun aggio ‘ntiso? ” Una ouverture che apre e che, volendo, chiude il viaggio; la voce narrante nel centro della storia e che attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta e di chi ne fa parte ancora, intende provare a disegnare un futuro. Il suo futuro.