Domenica, come si sa, ci saranno le elezioni politiche generali.
Proviamo a ricordare la legge con cui andremo a votare.
È una legge innanzitutto strampalata, modulata sul modello tedesco, ma con alcune decisive variazioni. Il modello tedesco infatti prevede DUE VOTI, uno per il candidato nel collegio, un altro al partito, nonché una soglia di sbarramento nazionale: cioè chi non raggiunge una determinata percentuale di voti non entra in parlamento.
In Italia la legge elettorale con cui andremo a votare, detta Rosatellum, riprende dal modello tedesco la soglia di sbarramento e lo schema voto per il candidato all’uninominale + voto per il partito, ma lo coniuga diversamente.
La soglia di sbarramento nazionale è portata dal 5% tedesco al 3%. E fin qui.
Ma il voto al candidato e il voto al partito non si esprimono attraverso due schede diverse, ma con un’unica scheda.
L’Italia è stata divisa in tanti collegi uninominali – tanto per la Camera, che per il Senato – ma il candidato in ogni collegio uninominale avrà a fianco del suo nome sulla scheda elettorale i simboli dei partiti che lo sostengono. E l’elettore potrà mettere una croce oltre che sul nome del candidato che preferisce, anche sul simbolo di uno di questi partiti.
MA SOLO SU UNO DEI SIMBOLI CHE SOSTENGONO QUEL CANDIDATO. NON SU ALTRI SIMBOLI DI PARTITO, CHE MAGARI SOSTENGONO ALTRI CANDIDATI. Non è possibile, come p. es. nell’elezione dei sindaci, il cosiddetto voto disgiunto.
Ogni simbolo rinvia infatti a una LISTA BLOCCATA di candidati, che ciascun partito presenterà nei collegi, e costoro saranno eletti secondo l’ordine in lista. Il parlamento in realtà sarà composto PER 2/3 DAGLI ELETTI IN QUESTI LISTINI, solo per un terzo dagli eletti nei collegi uninominali, coloro che pure “portano” quei simboli.
La rappresentanza è in gran parte proporzionale (per 2/3 appunto), ma la scheda la rappresenta come uninominale. La domanda sorge spontanea: perché? Perché si è elaborato invece questa specie di Mattarellum al contrario (perché di questo alla fine si tratta), per avere un parlamento per 2/3 di nominati?
Nel cd. uninominale i cittadini di ciascun collegio sanno chi è il prescelto dal partito e sarà il loro rappresentante in parlamento. Se non gli piace, ne votano un altro. Prevale la figura personale del candidato, che poi diventa il deputato di quel collegio. E dunque i partiti sono costretti a scegliere il meglio che hanno a disposizione. E in effetti questo è quello che spesso è successo in sede di candidature, soprattutto per il PD e il M5S.
Tuttavia, in base a questa legge, votando quel candidato all’uninominale, l’elettore vota pure la lista di partito “tutt’o blocco”. Ed è in realtà questo voto quello decisivo per la definizione della rappresentanza parlamentare, valendo, ripetiamo, per i 2/3 dei nostri futuri rappresentanti al parlamento (rappresentanti che, peraltro, saranno scelti quando i ras dei partiti avranno fatto l’opzione per dove essere eletti, essendo loro candidati in più collegi, per essere sicuri dell’elezione).
Si tratta, in buona sostanza, dell’istituzionalizzazione legislativa dello “specchietto per le allodole”. L’elettore penserà di trovarsi di fronte a un’elezione uninominale, ma questa è in realtà in gran parte proporzionale e riguarda la lista, non il candidato presentato nel collegio.
Peraltro, se un elettore barrerà il nome del candidato X e poi il simbolo del partito Y, che però non sostiene X, la scheda sarà considerata nulla – per la prima volta è direttamente la legge che sancisce questa nullità.
Fulco Lanchester (ordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato alla Sapienza) ha sostenuto su Repubblica che si tratta di un aspetto di incostituzionalità della legge, poiché limita la libertà dell’elettore (“il voto è personale ed eguale, libero e segreto” recita infatti l’art. 48 della Costituzione). L’Italia, ricorda ancora Lanchester, è l’unico paese occidentale di democrazia “stabilizzata”, che negli ultimi 25 anni ha cambiato per ben sei volte il sistema elettorale. Stavolta, come per l’Italicum, anche grazie a un voto di fiducia, e a un’inedita maggioranza PD-Forza Italia-Centristi e Lega. E in prossimità delle elezioni, verosimilmente in base ai sondaggi: per premiare qualcuno, bastonare altri. Il berlusconismo ci ha abituati alle leggi targed oriented, anche in materia elettorale. E pure questo taglia-e-cuci non fa eccezione.
In realtà, nelle “normali” democrazie parlamentari non succede che si cambi così spesso la legge elettorale, non succede che due leggi elettorali di seguito siano dichiarate illegittime dal giudice delle leggi (l’ultima, l’Italicum, approvata appunto grazie a un voto di fiducia), non succede mai che si cambi la legge elettorale in prossimità delle elezioni, di nuovo attraverso un voto di fiducia.
Una rappresentazione plastica della crisi politica e istituzionale italiana.
Sinceramente non saprei dire se questa nuova legge elettorale sia pure incostituzionale, sicuramente è molto brutta. Vedremo quante schede saranno dichiarate nulle, quanto si estenderà il non-voto.
Certo una nuova, e finalmente decente, legge elettorale, rispettosa degli elettori, non potrà non essere messa all’ordine del giorno del nuovo parlamento.