di Christian Sanna
Melancholy è un’opera simbolista del pittore norvegese Edvard Munch; in primo piano un uomo dall’aria pensierosa e malinconica, seduto sulla spiaggia, si sorregge il capo con la mano. Mentre sullo sfondo una coppia è in procinto di imbarcarsi. Quest’ atmosfera di sconforto e di rimpianto, sublimata dalla scelta dei colori, fa riferimento ad una sfortunata relazione fra un amico del pittore e una donna sposata, ma è anche un cenno autobiografico dell’autore stesso che in passato aveva amato una donna già maritata.
Nella meravigliosa Il suonatore Jones, Faber ci proietta, anche grazie alla voce del soprano, in una dimensione morriconiana con sonorità vicine alle atmosfere di Sean Sean ( Giù la testa) e conclude il brano cantando “Finii con i campi alle ortiche/ finii con un flauto spezzato e un ridere rauco e ricordi tanti e nemmeno un rimpianto”.
Sul tema del rimpianto, questa volta accompagnato da un sottile piacere dello struggimento, il poeta crepuscolare Gozzano scrisse “Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state”. Nel suggestivo album In Cantus del cantautore Vecchioni c’è una canzone dal titolo “Di te” dove si evince una struggente nostalgia danzare sulle note di una sorta di variazione magnifica dell’ Intermezzo della Cavalleria Rusticana di Mascagni; il testo racconta del ricordo di un amore giovanile e l’atmosfera è intima e ricca di pathos, soprattutto nella fase finale in cui incalza il sentimento del rimpianto “ Questo portarmi dietro di te, ora che si fa buio ora che non ti posso vedere / Di tutto il resto ho sognato hai sognato / Non sono stato non sei stata”.
Siamo alla sublimazione del ricordo doloroso che in letteratura è espressione di un’assenza, di un sentimento mancato, di un’opera incompiuta; nell’incompiutezza risiede la bellezza, ma anche il rimpianto di ciò che poteva essere e che per mille ragioni di fato o di opportunità non colte non è stato.
In questo preciso momento i ricordi sono la nostra macchina del tempo e ci aiutano a rivedere momenti che sembravano dimenticati, piccoli gesti che al tempo apparivano insignificanti, parole all’epoca leggere che ora sono un macigno sullo stomaco. L’uomo è un animale che, fra mille errori, continua imperterrito a commettere sempre lo stesso: non impara dagli sbagli e continua a non apprezzare le cose che ha per poi rimpiangerle in futuro.
A volte basta l’assolo di un violino per farci sentire l’assenza di qualcuno o per riportarci indietro nel tempo a quando eravamo giovani e si viveva di sogni e di speranze. Shakespeare sosteneva che non si apprezza il valore di ciò che si ha mentre lo si gode, salvo poi avvertirne l’assenza quando ci viene a mancare.
Quella con i rimpianti è una partita aperta e riguarda tutti, nessuno escluso; non ci sono immuni, ognuno di noi custodisce almeno un rimpianto in qualche cassetto del cuore o in qualche anfratto della memoria. Che si tratti di un amore mai sbocciato o perduto o di un’opportunità lavorativa non colta, che si tratti di un’amicizia interrotta per orgoglio ed incomprensioni o di una scelta sbagliata, il rimpianto è una specie di serpente a sonagli, un animale a sangue freddo che prima di aggredire ci avverte col sonaglio della malinconia.
E già, perché la malinconia accompagna la rielaborazione del ricordo. Ma esiste una medicina o un rimedio naturale contro la Melanconia? Forse proprio una medicina no, ma la filosofia può aiutare e non poco. Secondo il filosofo Nietzsche rimpianti e malinconia si combattono con l’Amor fati e cioè con l’amare il proprio destino, accettarlo ed essere presenti ed incisivi nelle proprie scelte fino in fondo. Solo così si può imboccare la strada verso la serenità e la soddisfazione. E pazienza se in moltissimi abbiamo perso del tempo ad intristirci e ad aspettare Godot. Il tempo corre e non aspetta chi resta indietro e Godot non arriverà mai: si è perso per strada, non ha il navigatore o forse, più semplicemente, non è mai partito.