di Tommasina D’Onofrio
“Fabié, non ti disunire!”
Io ero già in lacrime da un’ora abbondante quando il maestro Capuano intima a Fabietto di non disunirsi. Ed è stata esattamente questa la mia mano di Dio.
Perché sì, Perché si, questo film non è come gli altri, neanche come quelli che ti aspetti da Sorrentino. Questo film è un’altra cosa. Non ci sono le canzoni a intervallare leggerezza. No, questo è un pugno dritto allo stomaco e, insieme, un obbligo ad affrontare il proprio dolore. Quale che esso sia.
Perché dentro non c’è solo un bignami di come si fa ad essere orfani. Ma pure come si sopravvive alle telefonate anonime delle amanti in piena notte e in pieno idillio familiare. E pure come si diventa pazze per non essere diventate madri. Tutto buttato così, fintamente sullo sfondo, veramente ed inevitabilemte in faccia. E come fare dinanzi a tutto questo, a non disunirsi?
A non crearsi una vita prima e una dopo il proprio dolore? Qui ognuno ci legge ciò che vuole. Io, per esempio, non ci sono ancora riuscita. Né ho imparato qual è la mia cosa da raccontare. Allora ne ho raccontate tante. Ho scelto di raccontare storie, nella vita, per lavoro.
E poi c’è Diego. Io quel giorno in cui giocammo con l’Empoli sono stata battezzata, ma a farmi sentire parte di quel miracolo ci ha pensato poi mio padre nel tempo. Quella mano di dio che ci ha salvati tante volte proprio da quella scadente realtà, è arrivata fino a noi, a tutti noi, anche anni dopo. Ed è viva ancora oggi che stiamo compiendo calcisticamente un altro piccolo miracolo. Insomma, da una Napoli che ahimè non è cambiata più di tanto dalle tavolate estive coi commenti sull’anguria, la mozzarella e i parenti surreali, ai messaggi più profondi ma non meno veri: la perseveranza. Il coraggio di prendere un treno, andare comunque avanti, e trovare qualcosa da dire.
Forse io stessa ho fatto questo quando sono venuta a vivere a Napoli per non disunirmi la prima volta. E forse, chissà, poi scopriremo pure che ci sono riuscita. E allora. Prendetene e godetene tutti, questo ci ha detto Sorrentino. Personalizzate questo film, personalizzatene il messaggio, leggete, guardate, ridete ma soprattutto piangete (magari meno di me) e poi reagite come volete.
Ché ognuno c’ha il suo ricordo del momento della fideiussione al Banco di Napoli, dello scudetto o di quando ha sentito per la prima volta Napul è. Io all’uscita ho chiamato mamma e papà. E se pure lui, il mio papà, stava piangendo perché il Napoli, questo Napoli, aveva appena vinto con la Lazio, vuol dire che la trama è quella giusta, ancora una volta!
Grazie Paolo, immenso Paolo!
Se come me avete 35 anni e pensate di essere in forma, vi sconsiglio il nudo di Luisa Ranieri. Quanto a bellezza viene subito dopo il goal di Diego, ovviamente quello di mano!