di Alessandro D’Orazio
Correva l’anno 2010 quando Mark Zuckerberg – il fondatore di Facebook – dichiarava alla stampa: “Le persone si sono ormai abituate non solo a condividere più informazioni, e di vario tipo, ma lo fanno anche più apertamente e con più persone. Quella norma sociale è semplicemente un qualcosa che si è evoluto nel tempo”. Da allora in avanti, attraverso un incessante utilizzo e sviluppo di uno dei social network più celebri al mondo, anche il concetto di privacy unitamente all’annessa normativa di settore non sarebbero stati più gli stessi.
In un’epoca in cui i social media hanno oramai raggiunto livelli di predominio assoluto, infatti, l’esigenza di regolamentare e tutelare la privacy degli utenti si è resa sempre più necessaria; ed è per questa ragione che nel corso della conferenza F8, il grande evento annuale degli sviluppatori di applicazioni Facebook che si è da poco concluso a San José, Mark Zuckerberg ha fatto un annuncio importante.
Il prossimo capitolo di Facebook, ha dichiarato il plenipotenziario amministratore del social colosso, sarà interamente dedicato alla privacy: “The future is private” (“Il futuro è privato”), ha affermato alla platea Zuckerberg prima di enunciare i sei pilastri della nuova strategia pianificata. L’attenzione si è quindi focalizzata sui sei focal points d’indirizzo, identificabili nelle interazioni private tra gli utenti, nella crittografia, nella riduzione del tempo di vita dei dati sui server, nella sicurezza degli utenti, nell’interoperabilità e nella sicurezza dei dati conservati dall’azienda.
Dopo gli innumerevoli scandali che hanno tempestato la storia recente della società (Cambridge Analytica su tutti), il ritrovato slancio verso “un futuro privato” lascia però molti dubbi e legittimi sospetti. Secondo i più critici pare che vi siano ragioni più pragmatiche dietro questa scelta, quali ad esempio la necessità di placare i temuti enti regolatori di settore, oltre che cercare di rabbonire le costanti attenzioni dell’amministrazione americana (sempre vigile in caso di abusi concernenti la specifica normativa).
Alla luce di quanto evidenziato appare difficile, al momento, valutare se le intenzioni di Facebook e del suo fondatore siano del tutto genuine, o se invece si stia assistendo soltanto ad un necessario cambio di rotta allo scopo di impressionare la grande platea dei fruitori della rete, i quali troppo spesso sono stati beffati da logiche di profitto sempre a vantaggio di pochi eletti. E’ per questo motivo che all’interrogativo posto, solo il tempo sarà in grado di fornire un valido e ragionevole riscontro.