Pasquale Scotti, latitante da 31 anni e inserito nella top ten dei latitanti italiani più pericolosi, è stato arrestato a Recife, in Brasile. Nelle ultime ore la notizia è balzata su tutti i giornali, locali e nazionali. Il superlatitante è stato catturato grazie alle soffiate di alcuni collaboratori di giustizia. «Sono io, mi avete preso. Ma quel Pasquale Scotti non esiste più», queste sembrano essere state le prime parole del boss agli uomini della polizia federale brasiliana, che lo hanno trovato stamattina, grazie alla collaborazione con la squadra mobile di Napoli e con l’Interpol, dopo anni di ricerche e indagini mai interrotte. Pasqualino Scotti, la faccia pulita della batteria di fuoco della Nco, era conosciuto ai più con il nome di “ ‘o ‘ngegnere” ma soprattutto con quello di “Pasqualino ‘o collier”, per aver regalato un collier alla signora Immacolata, moglie di Raffaele Cutolo. E proprio dopo il trasferimento di Cutolo al carcere dell’Asinara e il maxi-blitz del giugno 1983 è toccato a lui il delicatissimo compito di riorganizzare le fila della Nco. È accusato di essere il mandante dell’omicidio di Giovanna Matarazzo detta Dolly Peach, una ballerina di un night club romano legata sentimentalmente a Vincenzo Casillo. Il 17 dicembre 1983 viene arrestato a Caivano grazie ad un’operazione diretta dall’allora capo della squadra mobile Franco Malvano. Numerosissimi i capi di accusi a lui rivolti: omicidi, estorsioni, riciclaggio, controllo del traffico di stupefacenti. Nel corso della detenzione, sembra decidere di collaborare, rivelando diversi aspetti della NCO, l’organizzazione cui era affiliato. Ma si tratta di una collaborazione che si rivela subito fittizia. Scotti evade, infatti, la notte di Natale del 1984 dall’ospedale civile di Caserta dove era stato ricoverato per una ferita alla mano.
Dal 17 gennaio 1990 è ricercato anche in campo internazionale e il suo nome fa parte dell’elenco dei dieci super-ricercati inseriti nella lista delle «primule rosse» stilato dal ministero dell’Interno. . Nel 2005, la terza sezione della corte d’assise di Santa Maria Capua Vetere, lo ha condannato all’ergastolo. La notizia di un presunto arresto del superpadrino della camorra si sparse per tutta la Penisola già nell’Agosto del 1995 quando a Cieszyn, paesino della Slesia venne fermato un uomo che cercava un passaggio verso la Repubblica Ceca. Poche ore dopo l’imbatrazzantissima smentita: il personaggio fermato non era Pasquale Scotti ma solo un operaio della Fiat con lo stesso nome e cognome di uno degli alias del latitante di Casoria, Salvatore Giunta. Lo smarrimento dei documenti fu la causa dell’equivoco, cosi come spiegato, all’epoca, dal capo della Polizia polacca. Una della ultime volte che il suo nome è comparso sui giornali è stato circa 7 anni fa, in occasione della morte del fratello Peppe, residente a Casoria. Il manifesto funebre annunciava anche il suo cordoglio, in chiesa naturalmente non fu visto anche se alcune voci (non confermate) sostenevano che fosse presente ma irriconoscibile a causa di una plastica facciale. Grande soddisfazione espressa dal Ministro degli Interni Alfano: “La caccia ai latitanti – sottolinea Alfano – va oltre i confini del nostro Paese, per costruire una rete di legalità che tenga insieme tutti quegli Stati che si impegnano per estirpare ogni possibile infiltrazione criminale. Il rafforzamento dei rapporti di collaborazione investigativa e operativa tra i Paesi, da’ un senso comune alla lotta e aumenta le possibilità di vittoria“.