Il trattato, firmato a Losanna con l’Iran, segna l’inizio di una nuova epoca nelle relazioni internazionali, visto che, per decenni, il regime degli ayatollah è stato individuato come il nemico principale dell’Occidente ed, oggi, invece, diviene un interlocutore essenziale dell’America e dei suoi alleati europei.
Infatti, in questi ultimi anni, sono cambiate molte cose: i fallimenti della politica americana in Iraq, Siria, Libia, Tunisia, Egitto, ha fatto sì che l’Islam sciita – quello, appunto, che si venera a Teheran – divenisse un partner essenziale nella contrapposizione all’integralismo islamico, che ha una matrice sunnita, come nel caso sia di Al Qaeda, che dell’Isis.
Pertanto, quelli che erano i nostri alleati, i Sunniti, si sono trasformati nei nostri nemici ed, analogamente, quelli che erano visti come acerrimi antagonisti dell’Occidente laico e cristiano sono, oggi, i nostri interlocutori, grazie ai quali è possibile evitare che l’espansione del terrorismo musulmano possa giungere a far male seriamente all’Occidente, molto più di quanto non abbia, già, fatto finora.
È evidente che, nel Medioriente, l’Iran vanta una posizione strategica, perché, fino a quando il regime degli ayatollah sarà forte e potente, mai nessuna milizia dell’Isis potrà conquistare i territori dell’antica Persia, che sono ad oggi gli unici, che non cadranno mai nelle mani di quanti, senza scrupolo, violentano le donne, uccidono i maschi in età adulta, addestrano i bambini alla guerrra santa, distruggono i luoghi sacri, le opere d’arte ed i musei, violando i principi cardine sui quali si dovrebbe costruire l’umanità, a prescindere – finanche – dalla fede e dal credo.
La notizia dell’accordo con l’Iran, in materia di limitazioni al programma di armamento nucleare, fin qui perseguito scientemente dagli ayatollah, è arrivata nella medesima settimana in cui l’isis ha fatto altre vittime, uccidendo in Africa ben centocinquanta giovani studenti universitari, che avevano l’unica colpa di essere cristiani in una terra, dove l’Islam ambisce ad avere il predominio assoluto da un punto di vista sia religioso, che politico.
Come si può capire, quello che l’Occidente ha stipulato con l’Iran è un accordo, che nasce dalla paura e non da una posizione di presunta forza: il timore dell’espansione dell’integralismo islamico, ineluttabilmente, ha spinto gli Americani ad accettare lo status quo nei territori dell’antica Persia, ben sapendo che, in questo momento, non è possibile condurre la guerra su due fronti, sia contro i sunniti estremisti, che contro gli antichi nemici sciiti.
Si presenta una situazione – dunque – paradossale, che molto seriamente rischia di sconvolgere alleanze ataviche nel Medioriente: si sa bene che il principale nemico dell’Iran sia stato per decenni Israele, che – non a caso – non ha potuto non manifestare il suo profondo dissenso verso il Trattato di Losanna, che di fatto fotografa la situazione esistente e che non obbliga l’Iran a distruggere le testate nucleari già in suo possesso, ma semplicemente impedisce al regime di Teheran di continuare a produrre nuove armi atomiche, che potrebbero essere altrimenti usate contro l’Isis, ma anche contro lo stesso Governo di Gerusalemme, qualora i rapporti – tradizionalmente, non amichevoli – dovessero precipitare.
Come si arguisce, quindi, l’America di Obama – la stessa che ha iniziato una politica scellerata in Medioriente ed in Nord-Africa qualche anno fa – è stata costretta ad affidarsi al suo nemico di un tempo, per evitare che la diffusione dell’Isis possa, effettivamente, nuocere all’Europa ed alle potenze del Patto Atlantico molto più di quanto non abbia fatto fino ad adesso.
Un’inversione, dunque, nella politica estera degli Usa, che avrà conseguenze planetarie nei prossimi anni, quando noi Occidentali ci dovremo affidare sempre più all’Iran come nostro guardiano in quell’area, affidandogli il ruolo di potenza amica, che con la sola sua presenza limita moltissimo l’integralismo islamico di matrice sunnita, visto che – peraltro – oggi il Governo di Teheran è l’unico Stato legittimo, ancora in vita, in un territorio dove, dopo la caduta di Saddam Hussein e dopo l’indebolimento del regime siriano di Assad, non esistono altri Stati in grado di fronteggiare le milizie islamiste dell’Isis.
Quali effetti si produrranno, dunque, nelle nostre abitudini diplomatiche?
Molto probabilmente, scopriremo sempre più il ruolo fondamentale di un Governo – quello, appunto, di Teheran – che in passato abbiamo commesso l’errore di considerare un nemico oltremodo crudele, mentre oggi – analogamente – lo legittimiamo, forse, ben oltre il ruolo naturale, che esso dovrebbe pure avere.
Certo è che un errore ne tira, sovente, degli altri: speriamo solo che, questa volta, una mossa a sorpresa possa emendare gli sbagli del recente passato e non aggravare, ulteriormente, la situazione in luoghi, dove l’arbitrio ed il fanatismo sono divenuti padroni, a danno di chi si illudeva di poter occidentalizzare coloro che, invece, sono fieri della propria identità, culturale e religiosa.