di Sara Patrizia Tortoriello
Poiché le guerre hanno origine nello spirito degli uomini, è nello spirito degli uomini che si debbono innalzare le difese della pace.
*La Guernica, 1937, olio su tela 350×776, Madrid, Museo National Reina Sofia.
“Guernica era la più antica delle province basche e centro delle tradizioni culturali. Il bombardamento della piccola città indifesa, ben lontana dal fronte, la distrusse completamente con bombe da 500 kg e mitragliatrici sugli abitanti che cercavano rifugio nei campi”. Così cominciava l’articolo del Times di Londra del 27/4/1937, e quella che doveva essere una cronaca fredda e distaccata dal luogo che fu teatro di guerra civile spagnola, soltanto una nota al margine, grazie a Picasso e alla sua trasposizione figurativa, acquistò il carattere di “evento del secolo”. La Guernica, mediante la sensibilità di Picasso, denuncia la sofferenza e la fine della democrazia in Europa, è una prova generale fascista per la fine del mondo.
Dal 1934 al 1935, la Spagna fu governata da una coalizione di centrodestra. Nel Febbraio del 1936, si svolsero le elezioni in Spagna e vinse il Fronte Popolare appoggiato dalla sinistra. Il 17 Luglio 1937, il Generale Francisco Franco dette vita ad un colpo di stato militare. Scoppiò la guerra civile tra i repubblicani e i sostenitori del regime totalitario del generale Franco, che terminerà nel 1939 con la vittoria dei franchisti. Nel frattempo, nel 1937, si apriva a Parigi l’Esposizione Internazionale dedicata al lavoro al progresso ed alla pace. La Spagna vi partecipa con un disegno politico: invocare la solidarietà del mondo libero, avvertire l’opinione pubblica che il conflitto spagnolo era l’inizio di una tragedia che avrebbe coinvolto il mondo intero.
Una delle pareti del padiglione spagnolo doveva essere occupata da un dipinto murale di Picasso. Picasso decise di collaborare con la propaganda repubblicana, quando nell’Aprile del 1937 si sparse la notizia che i bombardieri tedeschi al servizio di Franco avevano attaccato l’antica città di Guernica, senza altro scopo che fare una strage e seminare il terrore sulla popolazione inerme civile. Di colpo, Picasso, decise che il suo dipinto sarebbe la risposta alla viltà ed all’atrocità di quell’ eccidio. Nasce così, in poche settimane, Guernica, l’unico quadro storico del 900, simbolo tragico degli orrori di tutte le guerre. Guernica non è soltanto la descrizione di un dramma locale, ma il manifesto universale contro la forza cieca delle guerre, è impegno civile, è la presa di posizione degli intellettuali sui governi per difendere la democrazia.
Picasso ha una lucida visione della situazione: l’eccidio di Guernica, antica città di contadini, non è soltanto un episodio della guerra civile spagnola, ma l’inizio di una tragedia apocalittica. Uccidendo i cittadini di Guernica gli aviatori tedeschi hanno ucciso la civiltà. Durante l’occupazione tedesca di Parigi ad alcuni tedeschi che si complimentavano per Guernica, Picasso risponderà amaramente: “Non l’ho fatta io, l’avete fatta voi!”.
Il dipinto raffigura il bombardamento da parte dei tedeschi, venuti a sostenere i franchisti, avvenuto il 26 Aprile del 1937 a Guernica, una città del nord della Spagna.
Picasso realizza un’allegoria contro la guerra, una denuncia contro ogni tipo di violenza gratuita e crudele contro le popolazioni inermi.
Alcuni personaggi sono legati al mondo delle corride. Una mamma esprime il suo dolore disperato con il figlio morto tra le braccia (a sin.), come nella Pietà di Michelangelo, il braccio cadente del bambino ricorda quello del Cristo morto. Una donna terrorizzata con le braccia alzate (a dx.) tenta di uscire dalla finestra mentre le fiamme divorano la casa. Esprime l’angoscia e la vana richiesta di aiuto. Un uomo prigioniero cerca di uscire dalle macerie. Il lamento funebre, del torero ucciso, con la spada ed il fiore, in ricordo alle deposizioni medioevali, rappresenta il pianto dell’artista sull’intera nazione, brutalmente colpita ed insieme il simbolo del dolore universale di fronte alla violenza ed alla morte. La testa del toro è il simbolo della brutalità istintiva. Al centro c’è la testa del cavallo trafitto. Su di lui la luce stilizzata a cui sembrano rivolgersi le due donne (dx.) in atteggiamento di preghiera.
In Guernica non c’è colore: solo nero, bianco e grigio. Non c’è il rilievo. Il colore ed il rilievo sono due qualità con cui la natura si fa conoscere. Eliminare il colore ed il rilievo è “tagliare il rapporto dell’uomo con il mondo”: tagliandolo, non c’è più la natura o la vita. Nel quadro c’è invece la morte. L’arte è l’intelligenza della vita, come natura, civiltà e storia: la violenza mortale toglie dal mondo queste cose. Uccidendo i cittadini di Guernica gli aviatori tedeschi hanno ucciso la civiltà. La visione di Guernica è la visione della morte in atto: il pittore è dentro il fatto, è tra le vittime. Con lui muore l’arte e la civiltà classica. Guernica ha lo scheletro del quadro classico: lo scheletro, appunto, perché l’arte classica con la pienezza delle sue forme e lo splendore dei suoi colori è morta. Con Les Demoiselles D’Avignon Picasso faceva esplodere il linguaggio tradizionale della pittura, con Guernica disintegra il linguaggio cubista come descrizione analitica della realtà. I mezzi di distruzione che il nemico ha messo in opera a Guernica erano scientifici e tecnologici: una scienza che lavora per distruggere non serve alla vita ma alla morte. L’analisi conoscitiva diventa frantumazione distruttiva e violenta.
Guernica è il primo e deciso intervento della cultura nella lotta politica.
Da quel momento, Picasso in testa, gli intellettuali eserciteranno una ferma pressione sui governi per indurli a difendere la democrazia. Si compromette il linguaggio e se ne faccia un’arma da difesa e di offesa, dato che la massa servile in cui i regimi totalitari vogliono trasformare la società non avrà più bisogno di un linguaggio, in quanto non avrà più un pensiero. Guernica, in rapporto alla problematica storico-politica del nostro secolo, ha la stessa importanza che ha avuto, nel 500, il Giudizio Universale della Sistina in rapporto alla problematica storico-religiosa, sostenendo la tesi della responsabilità.
“Urla di bambini, urla di donne, urla di uccelli, urla di fiori, urla di alberi e di pietre, urla di tegole, di mobili, di letti, di sedie, di tende, di tegami, di gatti e della carta, urla degli odori che cercano di afferrarsi l’uno con l’altro, urla del fumo che colpisce alle spalle, urla che cuociono a fuoco lento nella grande conca e della pioggia di uccelli che inondano il mare”. Con queste parole Picasso conclude una poesia legata al suo ciclo di incisioni “sogno e menzogna di Franco” in cui per la prima volta, all’inizio del 1937, fa riferimento alla guerra civile nella sua patria spagnola.