Una riflessione andrebbe promossa sulle articolazioni della democrazia italiana: in questo momento storico, nonostante per gli Enti Locali, per le Regioni ed, in qualche modo, sia pure in forma non esplicita per l’Esecutivo nazionale, esista un sistema di elezione diretta del vertice politico, siamo in presenza di una situazione inverosimile, per cui gli eletti sono sempre in numero minore. Analizziamo la situazione: le Province, alla luce della nuova legge, non prevedono più l’elezione popolare del Presidente, per cui questi è un Sindaco eletto alla Presidenza di un Ente – che dovrebbe essere cancellato – dai consiglieri comunali delle varie Assise cittadine del territorio di riferimento, venendo così meno quell’investitura, che dava forza ed autorevolezza a chi era a capo di un’Amministrazione, che ha competenze importanti, come quelle nel settore dell’edilizia scolastica o del turismo o delle attività produttive, ittiche e venatorie.
Le Regioni sono un crogiuolo di situazioni molto differenti fra loro, visto che ciascuna si fa la propria legge elettorale: certo, a nessuno può sfuggire che, in Campania, la seconda regione italiana per numero di abitanti e la prima, forse, per gravità delle problematiche lì esistenti, nei prossimi mesi il nuovo Governatore potrebbe non essere quello votato dai cittadini, il quale, naturalmente, alla luce del dettato della Severino, dovrà aspettare comunque gli esiti del giudizio di costituzionalità, da parte della Consulta, in merito al dispositivo legislativo che ne prevede, appunto, la sospensione in presenza di una condanna penale, seppur non definitiva.
I parlamentari non sono eletti dai cittadini, ma vengono nominati dalle Segreterie dei partiti, per cui finanche l’espediente del PD, volto alla selezione dei deputati e senatori attraverso il meccanismo delle primarie, sembra insoddisfacente per dare autorevolezza a chi, una volta insediatosi a Palazzo Madama o a Montecitorio, mirerà unicamente alla propria sopravvivenza, votando sempre in favore del Governo, ben sapendo che, se l’Esecutivo andasse a casa, potrebbe non essere riconfermato nel ruolo di parlamentare dal potente capobastone di turno.
Il Governo, al momento, è retto dal Segretario Nazionale del principale partito italiano, che però non ha mai vinto le elezioni politiche ed, in verità, non è neanche parlamentare, visto che, quando nel 2013, si votò per il rinnovo delle Camere, egli svolgeva amabilmente le funzioni di Sindaco della città più bella d’Italia.
Qualora andasse in vigore la nuova Costituzione, voluta fortemente da Renzi, il Senato cesserebbe di essere elettivo ed, analogamente a quanto è successo per le Province, i nuovi componenti di quell’Assemblea sarebbero indicati dal ceto politico in modo assolutamente autoreferenziale, dato che i consiglieri regionali italiani dovrebbero eleggere, al loro interno, i nuovi Senatori della Repubblica, che a Palazzo Madama sarebbero espressione di interessi meramente localistici o, peggio ancora, di natura lobbistica.
Come si arguisce, il ruolo del popolo nelle moderne democrazie diviene, ogni giorno, sempre più residuale, dal momento che vengono meno le occasioni nelle quali, liberamente, può esprimere il proprio legittimo orientamento.
In particolare, i cittadini italiani, in base ad una strategia ben precisa, vengono allontanati sistematicamente dai luoghi decisionali, come se il Palazzo avesse paura di dare la parola all’unica fonte di legittimazione prevista dal moderno diritto pubblico.
Stiamo tornando, forse, ad un tempo storico precedente a quello della Rivoluzione Francese?
Forse, la democrazia moderna lascia il posto a banchieri cinici ed a centri occulti di potere, che, entro una logica meramente di profitto e di utile individuale, soffrono per la presenza di troppi meccanismi di controllo popolare e di verifica?
Forse, ha fatto bene Tsipras, che, pressato dagli organismi comunitari, ha deciso di dare la parola ai Greci, cosicché finalmente quello ellenico sarà il primo popolo europeo a potersi esprimere, democraticamente, in merito al tema dei vincoli finanziari e di bilancio, che rendono possibile la permanenza di uno Stato all’interno dell’UE?
Speriamo che questa occasione non vada persa e che, soprattutto in Italia, in fase di revisione della Costituzione, si decida di invertire il senso di marcia dei lavori parlamentari finora seguito, dando spazio – e non togliendone – a quei cittadini che vogliono che nasca un’autentica Europa dei popoli e non solo dei banchieri e delle Borse.