– di Padre Maurizio Patriciello
Articolo pubblicato su “ Avvenire” martedì 8 Settembre 2015
Passeranno alla storia come quelli della “ Paranza dei bambini”. Sono i figli dei figli dei vecchi camorristi napoletani, ormai assicurati alla giustizia o finiti al cimitero. Le varie organizzazioni adesso sono tutte nelle loro mani. Mani, appunto, di bambini. E proprio perché bambini fanno spavento. Si incontrano, si scontrano, si sfidano, si contendono un territorio dai confini incerti. Tradiscono, sparano, si ammazzano. Come se fosse un gioco. Ma è la dura, durissima realtà. La città di Napoli è come una scacchiera dove ogni banda ha il suo piccolo spazio, esercita il suo piccolo potere. Ma nessuno si accontenta e perciò sono frequenti le invasioni delle piazze altrui. Tutti aspirano ad arrivare più in alto. E per farlo sono disposti anche ad uccidere l’ amico, se gli viene comandato dal boss – ragazzino. Gli ordini non si discutono, anche se nessuno crede più a nessuno. Giovedì mattina, nel quartiere Sanità viene ucciso Pasquale Ceraso, 67 anni, un pregiudicato con precedenti per omicidio, spaccio di droga e altro. Forse si era illuso che su quella novella e incredibile “ paranza”, avrebbe potuto esercitare qualche influenza. Chissà. Quelli invece non ne vogliono sapere. Hanno fretta. Tanta fretta. Sanno bene che l’ albero della cuccagna sul quale si sono arrampicati presto seccherà. E hanno sete. Tanta sete. Di soldi, di piaceri, di potere. Stesso quartiere, notte tra sabato e domenica. A finire sotto i colpi dei sicari, proprio davanti alla chiesa parrocchiale, è un minorenne con precedenti per tentata rapina a mano armata. Si chiama Gennaro – Genny – Cesarano. I sicari arrivano come un fulmine a bordo di una moto di grossa cilindrata e sparano all’ impazzata. Sono le quattro del mattino. Gli amici di Genny scappano, lui non ce la fa.
Forse non era lui il bersaglio. Forse la banda rivale voleva solo punire “quelli della Sanità”. Ucciderne uno qualsiasi per colpire tutto il gruppo. Genny è morto ammazzato come un vecchio boss. Poche ore prima, a una decina di chilometri di distanza, a Ponticelli, era stato freddato il trentenne Antonio Simonetti. La triste e dolorosa verità è che a Napoli ci sono vicoli e quartieri completamente in mano alla malavita. Luoghi dove lo Stato non riesce ad arrivare. E chi ha la sventura di abitare in quelle zone è condannato a convivere con la paura di incappare in una sparatoria. Il rischio, infatti, di finire sotto i colpi di questi “ ragazzini” stupidi e sanguinari è altissimo. Mancano di prudenza, di intelligenza e anche di quella furbizia che necessita a chi si propone di truffare lo Stato e i cittadini. In un certo senso possono essere considerati dei naif. Giovane età, inesperienza, alcool, rabbia e cocaina fanno di loro qualcosa di orribile. Il popolo napoletano non può sottostare ancora a tanta prepotenza. Napoli è una città bella e disperata. Con un patrimonio di cultura, di fede, di umanità da salvaguardare e tutelare. Non è giusto, anzi è profondamente ingiusto e disonorevole, che migliaia di famiglie che si sacrificano per mantenersi oneste, debbano vivere nel terrore di ritrovarsi al centro di una sparatoria e rischiare di perdere la vita. Lo Stato deve riprendere il controllo del territorio. E lo deve fare al più presto. Deve far sentire la sua presenza a cominciare dalle piccole cose. Le leggi debbono essere osservate da tutti. I quartieri più difficili e problematici necessitano di una presenza straordinaria di forze dell’ ordine e di aiuti concreti alle scuole, al volontariato, alle società sportive, alla Chiesa. Napoli deve ritornare alla normalità. La camorra napoletana ha mutato il volto, quindi servono nuove forze e nuove strategie. Per la società civile, per il turismo, per l’ arte, per l’ economia, per il futuro della città, questi “ ragazzini” spietati e fragili sono una pesantissima zavorra. Bisogna al più presto recuperarli e tentare di riportarli sulla retta via. E per riuscirci ognuno deve fare la sua parte.