di Mirko Torre
La pandemia mondiale ha causato innumerevoli problemi a livello sociale in tutto il mondo, e se attualmente le preoccupazioni più grandi sono per il mondo del lavoro e per l’economia del nostro paese, allo stesso tempo ci siamo chiesti cosa stanno provando i ragazzi e come la pandemia ha effettivamente impattato sui più giovani.
Chi scrive è un ragazzo di 23 anni che ha rispettato e continua a rispettare le norme imposte dallo Stato italiano, cambiando totalmente modo di vivere e vedere la vita. Dallo scorso anno ci siamo ritrovati a dover cambiare le nostre abitudini, anche le cose più banali come uscire con gli amici e andare a scuola o all’università. Personalmente, ho talvolta trovato piacere nello stare da solo, ma quando questa condizione diventa obbligata e prolungata, diventa un problema non facile da gestire.
La socializzazione è la cosa che è mancata di più, nonostante ormai tutti disponiamo di potenti mezzi tecnologici che ci permettono di rimanere sempre in contatto con amici o persone care, perché ovviamente socializzare attraverso uno schermo non è la stessa cosa. La libertà di poter incontrare il proprio gruppo di amici, anche solo per fare due chiacchiere, è venuta meno, e questo ha portato spesso alla chiusura verso gli altri.
Le misure di sicurezza attuate dal governo sono state molteplici, e molte di esse hanno colpito noi ragazzi, a cominciare dalla scuola, trasferita a distanza tramite app online e videoconferenze. In molti tra noi avevano preso questa notizia con una certa filosofia, poiché in effetti la didattica a distanza è molto più comoda, infatti direttamente dalla propria camera l’unico impegno era quello di accendere il proprio computer o tablet, e partecipare alle lezioni, senza preoccuparsi di doversi preparare, arrivare in anticipo o magari dover evitare il bullo di turno.
Col tempo però ci si è resi conto che la scuola è sì importante come luogo di formazione, ma soprattutto come luogo di ritrovo per i ragazzi. E’ proprio a scuola infatti che nascono amicizie, amori, si compiono le prime esperienze e si cresce in tutto e per tutto.
Questo non è stato più possibile e tutto ciò ha causato anche un inasprimento dei rapporti in famiglia, nella propria abitazione, con la convivenza tra due generazioni ben distinte che spesso non incrociano mai i propri binari.
Per cercare di combattere questo problema sociale sono nate diverse associazioni di assistenza, che riferiscono di un vasto aumento dei casi gestiti nel corso della pandemia, questo a dimostrazione che il problema esiste e che i ragazzi vogliono essere aiutati in qualche modo a superare tutto questo. Tra il 2020 e il 2021 i casi di autolesionismo e tentativo di suicidio tra i giovani è aumentato esponenzialmente, e spesso nella maggior parte dei casi nemmeno i genitori riescono a rendersene conto.
Secondo il sociologo Corey Keyes, il problema più grande è l’inconsapevolezza, infatti i giovani sembrano non rendersi conto di scivolare lentamente nella propria solitudine, quasi lasciandosi scorrere addosso questa sensazione, e cominciando a vivere nell’indifferenza delle proprie emozioni. Keyes ha descritto questo fenomeno con un termine ben preciso, si tratta di “Languishing”, che possiamo tradurre come “languire”, la sensazione di osservare da fuori la propria vita scorrere lentamente, senza avere più alcun tipo di motivazione.
I giovani hanno perso la voglia di fare, di uscire e addirittura di socializzare. Si sentono insicuri e sfiduciati nei confronti di uno Stato che in questi mesi ha contribuito solo ad alimentare problemi e preoccupazioni, e che soltanto adesso – e solo a parole per ora – si è accorto di quello che sta succedendo a livello sociale. Il governo infatti proprio in questi giorni sta mettendo a punto il “Piano di ripresa e resilienza” in cui i problemi dei giovani sembrano essere messi al primo posto, con tantissime iniziative utili – come potenziamenti a livello didattico e tecnologico, nuovi percorsi di supporto per ragazzi problematici, e nuovi interventi per l’inserimento nel mondo del lavoro – che però solo il tempo saprà dire se saranno realizzabili oppure no.
Quando finalmente la pandemia terminerà e tutto tornerà alla normalità, non sarà solo l’economia a dover essere risollevata, ma ci troveremo di fronte a un “esercito” di ragazzi demotivati e spenti.