di Pasquale Di Fenzo
Era il 30 giugno 1984, da un mese a Napoli non si parlava d’altro. Negli uffici, al bar, al ristorante, in fila alle poste, l’argomento era sempre lo stesso: Diego Armando Maradona. Ven o nun vene? Questo il dilemma!
Un mese trascorso a caccia di notizie. Non come ora che le notizie nascono quasi prima ancora che un fatto si verifichi. La mattina era caccia alle copie della Gazzetta e del Corriere. Durante la giornata la radio era puntata esclusivamente sulle notizie sportive. E la sera c’era “Notte sport” a Telelibera 63. Poi c’erano le vie di comunicazioni non ufficiali. Il mio gruppo di ascolto si avvaleva di un sedicente fidanzato di una altrettanta sedicente segretaria romana di Ferlaino.
Per rendere la cosa più credibile alla ragazza era stata attribuita pure la parentela con un importante giornalista romano ospite fisso al “Processo del lunedì” Il nostro amico riceveva centinaia di telefonate al giorno, e tutti per chiedere la stessa cosa: “A che punto è la trattativa?”. Lui glissava, non dava mai notizie sicure. Quello che era sicuro era che era più facile prendere la linea a “Pronto Raffaella” per tentare di indovinare i fagioli, che trovare libero il telefono di casa sua.
Ma se quel mese fu lungo, quell’ultimo giorno di Giugno fu addirittura interminabile. “Le 24 ore che sconvolsero il mondo” avrebbe potuto intitolarsi un romanzo che avesse voluto descrivere quelle ore. In settimana tra le mie mani era passato un telex proveniente dalla “Banca Mas Sarda” di Barcellona e diretto ai piani alti della Direzione Generale in cui si richiedeva la eventuale garanzia finanziaria per una importante operazione in cui l’acquirente aveva nominato l’Istituto come garante. Non era specificato altro.
Poteva trattarsi dell’acquisto di una villa a Capri o di un fuoribordo, oppure del Maschio Angioino stesso. Il segreto d’ufficio mi impediva di rivelare quel dettaglio. Infatti lo confidai solo a un centinaio di persone, le più fidate. Lo dico adesso anche perché credo che eventuali reati siano caduti in prescrizione. L’ultima giornata trascorse tra alti e bassi.
Per giunta di ruoto i dirigenti del Barcellona, con l’insopportabile vice presidente Gaspart in testa, si erano tutti trasferiti a Parigi per la finale dell’Europeo tra Francia e Spagna. Sicché gli emissari del Napoli, Juliano e Dino Celentano avevano trovato praticamente vuota la sede del Barcellona. Non escludo che la Spagna perse anche, se non soprattutto, per le mie bestemmie. Comunque si arriva alle nove di sera. Il TG1, condotto all’epoca da Bruno Vespa, aveva aperto con la notizia che la trattativa Maradona era definitivamente naufragata.
Il TG era finito e niente lasciava prevedere quello che di lì a poco sarebbe successo. Prima di cedere la linea gli passarono una velina: attenzione, c’è una notizia dell’ultima ora! Poteva trattarsi di tutto. Eravamo sul TG1, poteva essere un attentato, un terremoto, un’alluvione. Ma a me passò davanti agli occhi quel telex che in settimana mi era passato tra le mani: “Ci siamo, è nostro!”. Dissi. Ho ancora i testimoni che non riuscivano a spiegarsi come avessi fatto a capire che si trattava della notizia che a Napoli tutti attendevano: “Ci informano in questo momento che sono riprese le trattative tra il Barcellona e il Napoli per la cessione di Maradona”.
Cominciammo a fare il giro tra le tv private, che all’epoca erano intasate di pubblicità di mobili, di abiti da sposa e finanche da qualche innocente spogliarello notturno. Alle 22.30 precise, captammo da una non meglio precisata “Rete Azzurra” la notizia ufficiale che Maradona era del Napoli. Conservo ancora da qualche parte un poster di Diego autografato che comprai da una vecchietta giù ai Quartieri per 5000 lire, “Ma siamo sicuri che la firma è autentica?” “Certo, l’ha messa mio marito con le sue proprie mani!” L’abbracciai, ma lei probabilmente non ha mai capito il perché.