di Christian Sanna
Ne L’ignoranza, Milan Kundera sottolinea come “La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare”. Gli spagnoli la chiamano añoranza, mentre i portoghesi saudade, in entrambi i casi, spesso, ci si riferisce all’impossibilità di ritornare in Patria; è lo stato d’animo di chi sofferente rimpiange le proprie origini. Quando diciamo a qualcuno ” Mi manchi” esercitiamo, in quel momento, un inconsapevole diritto alla nostalgia; stiamo cercando di dire a quella persona ” Rimpiango i momenti con te” e ciò che proviamo è la voglia di ritornare a vivere quei giorni felici e spensierati.
C’è una struggente frase d’amore ceca che dice “Stỳskà se mi po tobě” in senso lato ” Non posso sopportare il dolore della tua assenza”. La nostalgia, questa emozione che sublima i ricordi, aiuta a tenere intatto e forte il cordone ombelicale con le origini, perchè le radici sono importanti. Sto sempre cercando qualcosa, ma è più materia spirituale che una cosa vera e propria, probabilmente un odore che mi ricolleghi all’infanzia, custodito nella memoria olfattiva.
Saprei riconoscere all’istante, solo sentendone i profumi, i prodotti che mio nonno usava al mattino durante il rituale della rasatura tradizionale. Appena entravi in bagno si restava rapiti dall’intenso profumo alla mandorla amara della crema da barba, una nota particolare che ricreava l’atmosfera di una pasticceria siciliana, sentori dolciastri, ma mai stucchevoli. Il profumo del dopobarba nel boccettone arancione con la pompetta a spray e le note ambrate e talcate, con un pizzico di scorza d’arancia dolce. Qui si tratta di ricostruire sulla base della ricetta originale la piramide olfattiva delle emozioni e bisogna farlo restando fedeli a quel che c’è stato, a ciò che abbiamo provato, senza trucchi e senza inganni, a costo di apparire fuori moda e fuori tempo.
Si può avere nostalgia di chi abbiamo accanto, dei suoi momenti di assenza, di come era un tempo, del trasporto che una volta sentivamo verso quell’essere umano e che ora si è attenuato, fino a sbiadirsi come una vecchia fotografia conservata male. Nel brano Maddalena degli Alunni del Sole, la voce profonda e malinconica dell’indimenticato poeta Paolo Morelli descrive un amore ad intermittenza, fatto di presenza e di lunghi momenti di assenza, di ritorni e di rimpianti. Si evince il sentimento forte, ma l’atmosfera di tutta la canzone è impregnata di una dolorosa nostalgia che trafigge l’innamorato con un pugnale dalla punta affilata immersa nel miele.
Perchè fa questo effetto la nostalgia: ti addolora dolcemente, una specie di piacere nel dolore. L’amata Maddalena appare e scompare, s’avvicina e s’allontana, si concede e sfugge ” T’arricuorde chella sera ca corrive comme ‘u viento te fermai ma nun diciste niente. Mo ch’ è un anno ‘e lontananza ca stai sola e ‘u stesso pense ca nun è servito a niente ‘o tiempo. Maddalena, Maddalena, doppo n’ora, sul ‘n’ora t’annamure e po’ scumpare e fai ‘nu joco ca nun vale. Tu te puorte tutte dinte‘e malincunie ‘ell’autunne,te trascine pe’ sti strade e po’ scumpare.Maddalena, Maddalena,‘o primm’ammore”.
Nei Notturni di Chopin e nei quattro Impromptus op. 90 di Shubert si respira aria nostalgica che non mette tristezza, ma anela all’eternità; in questo caso la nostalgia è fonte di ispirazione e generatore di energia, un sostegno contro il logorio della vella vita quotidiana. Chi è nostalgico non è triste e non è pessimista; ha solo voglia di ritornare, innamorato di qualcosa che ha provato e che gli è rimasto dentro come un nodo in gola che nel tempo non ha saputo o non ha voluto sciogliere, per non perdere il contatto emozionale con un tempo in cui nell’aria si respirava felicità.
Perchè si torna sempre nel luogo in cui siamo cresciuti, nel posto in cui siamo stati bene. Ed io che sono nostalgico convinto, con una voglia matta di ritornare alle origini, ogni tanto sento il bisogno fisiologico di ritornare a respirare l’aria del mare miracoloso di Sardegna, la terra di mio padre ed in parte anche mia, un paradiso terrestre in cui ho trascorso alcune delle mie estati, un pezzo di cuore e tanti ricordi legati a mia nonna e a parte della mia famiglia.
Se la nostalgia non avesse su di me quel potere seduttivo che le riconosco, se non mi lasciassi trafiggere da quel pugnale dalla punta immersa nel miele, non proverei un dolore così piacevole, il piacere “doloroso” di “Quei giorni perduti a rincorrere il vento a chiederci un bacio e volerne altri cento un giorno qualunque li ricorderai – amore che fuggi da me tornerai un giorno qualunque li ricorderai – amore che fuggi da me tornerai”. De Andrè aveva capito tutto, lui si che sapeva trattarla la nostalgia, un pò come il poeta istraeliano Yehuda Amichai che in ” Sguinzagliare i ricordi” la declinava in poesia con una dolcezza infinita:
In questi giorni penso al vento fra i tuoi capelli,
agli anni che fui nel mondo prima di te
e all’eternità che prima di te andrò a incontrare,
ai proiettili che non mi uccisero in battaglia
ma uccisero i miei amici,
di me migliori perché
non vissero oltre come me,
penso a te nuda davanti al fornello d’estate,
sul libro curva per leggere meglio
nella luce morente del giorno.
Vedi, abbiam vissuto più di una vita,
ora dobbiamo pesare ogni cosa
sulla bilancia dei sogni e sguinzagliare
ricordi che divorino ciò che fu il presente.