di Mario Cosenza
Luigi Di Maio sta combattendo una guerra personale per riposizionarsi in vista del suo futuro politico. Espellerlo dai 5 stelle sarebbe veramente il minimo. Scissione sia, se necessario, magari ridialogando con Di Battista e l’Alternativa. Lo dico “da fuori” peraltro, sine ira et studio.
Di Maio è la quintessenza della vacuità ideologica, dell’opportunismo italico, della post-democrazia composta di costante tradimento di fedeltà rispetto a quella carta straccia chiamata “programma” e dallo svuotamento della mediazione reale.
Che egli ora guardi al suo futuro con quelli che lo insultavano – “il bibitaro” -, a personaggi come Sala o lo stesso Draghi il cui consenso e anzi la cui visione del mondo si basa esattamente sul radicarsi esistenzialmente contro “i parvenue” stile Di Maio e contro l’idea politica iniziale dei 5 stelle, è un problema della sua dignità. Quando si esporrà contro il Reddito di Cittadinanza sarà alla sua coscienza che dovrà rispondere.
Ma i 5 stelle, per quanto in decomposizione e nonostante ciò combattuti in ogni modo dalla stampa di regime, devono sapersi difendere e recuperare radicalità.