di Giosuè Di Palo
I clienti dello Stonewall Inn nel 1969 erano abituati già ai raid della polizia nei locali gay, i quali seguivano un modello ben preciso. Gli agenti entravano minacciando e picchiando il personale e la clientela. Così, gli avventori si riversavano fuori lungo la strada e a quel punto la polizia poteva arrestarli.
Ma quando le forze dell’ordine fecero irruzione allo Stonewall Inn all’alba del 28 giugno 1969, le cose andarono diversamente e gli avventori si ribellarono.
Nel corso della notte la polizia isolò molti uomini gay e li picchiò. Solo nella prima notte vennero arrestate 13 persone e vennero feriti quattro agenti di polizia. La folla, stimata in 2.000 persone, battagliò contro oltre 400 poliziotti. La polizia, quindi, inviò rinforzi composti dalla Tactical patrol force, una squadra anti-sommossa originariamente addestrata per contrastare i dimostranti contro la Guerra del Vietnam.
Le squadre anti-sommossa arrivarono per disperdere la folla, ma non riuscirono nel loro intento e vennero bersagliate da pietre e altri oggetti. A un certo punto si trovarono persino di fronte a una fila di drag queen che li prendeva in giro cantando cori.
Alla fine la situazione si calmò, ma la folla ricomparve la notte successiva.
Il terzo giorno di rivolta si svolse cinque giorni dopo gli eventi allo Stonewall Inn.
La grande folla che si riunì per contrastare la polizia, unita alla risonanza mediatica che ebbe il tutto, contribuì a dare il via al moderno movimento per i diritti civili LGBTQ+.
Ed è per questo motivo che da allora, ogni anno, a giugno si rende omaggio alla storia di Stonewall con parate ed eventi a tema.
E quello che, inizialmente, nacque con il nome di Gay Pride, col tempo divenne semplicemente il Pride: la giornata dell’orgoglio.
In Italia ogni anno sono tantissime le persone che decidono di scendere in piazza e festeggiare questa ricorrenza, da molti definita ancora come una “carnevalata”, superflua e persino ulteriormente divisiva.
Adesso, sarebbe scontato fare parallelismi fra le parate organizzate durante il mese del Pride e i festeggiamenti per eventi sportivi, vittorie o manifestazioni per il clima.
Tutte situazioni accomunate dalla volontà di farsi sentire.
C’è un motivo se, ogni anno, si continuano ad organizzare queste manifestazioni.
C’è un motivo se un intera comunità, per troppo tempo tenuta ai margini della società, soggiogata, perseguitata e condannata, ha deciso di ribellarsi e protestare.
Una delle massime più significative di Gino Strada, fondatore di Emergency, recita “I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi.”
E mai frase fu più più azzeccata.
Perché non è togliendo agli altri che si accresce la propria ricchezza ed il proprio valore.
Non è sottraendo che nasce addizione.
Veniamo da un periodo particolarmente duro per quanto riguarda i diritti civili.
É dell’ultimo periodo la questione relativa alla trascrizione nei registri anagrafe di figli nati da coppie omogenitoriali e la tanto odiata gestazione per altri.
Prese di posizione ideologiche, mascherate dalla volontà di garantire il “best interest of the child”, nei fatti condannando quello stesso bambino ad una vita ancora più difficoltosa.
Sono nato a giugno e mi piace pensare che non sia un caso.
A tutti quelli che si sentono diversi, non accettati, non capiti.
A tutti quelli allontanati dalle proprie famiglie e quelli che, invece, il supporto delle stesse l’hanno avuto fin da subito.
Agli amici, gli amici degli amici, le centinaia di migliaia di persone che supportano e sono degli alleati preziosi in questa battaglia di e per tutti.
Ci vediamo in piazza per fare, come sempre, tanto ma tanto Rumore.