di Alessandro D’Orazio
Il multilateralismo ci salverà. Durante la prima sessione del G20 che sancisce la decisione di fissare una tassazione minima per le grandi multinazionali, il premier Mario Draghi rivela che “il multilateralismo è la migliore risposta ai problemi che affrontiamo oggi. Per molti versi – conclude solennemente – è l’unica soluzione possibile”.
Un discorso magistrale. Da applausi. Ne sono convinti anche i grandi leader mondiali presenti a Roma per l’occasione. È sempre Draghi in politica estera a concentrarsi prioritariamente sull’Unione Europea, sulle relazioni transatlantiche, in tendenziale discontinuità rispetto ai governi precedenti (destra o sinistra non fa differenza) orientati a sviluppare mirate collaborazioni con Cina e Russia.
Con l’europeismo e l’atlantismo al centro della nuova strategia qualche dubbio verrebbe tuttavia da porselo. E se l’opposizione a questo governo avesse potuto contare su un numero accettabile di rappresentanti, probabilmente un dibattito più costruttivo sul tema sarebbe anche sorto. La democrazia, però, è anche questo: 561 deputati di maggioranza contro 69 di minoranza. E tra i 69 minoritari – è doveroso sottolinearlo – 37 appartengono a Fratelli d’Italia, 31 al Gruppo Misto, mentre uno è l’Onorevole Fratoianni (LeU) che lo scorso 18 febbraio votò contro la fiducia al governo Draghi. Per questo motivo, è meglio ribadirlo: la democrazia è anche questo (?). Stavolta col punto interrogativo però.
Sarcasmo a parte, qualsiasi organizzazione che si rispetti – il cui obiettivo fondamentale sia il raggiungimento di un elevato standard di efficienza – mira all’adozione di una struttura con caratteristiche “formali”. Connotate quindi da verticalità e leadership costante. Ai confini tanto definiti quanto maltollerati di queste strutture si contrappongono le organizzazioni “effimere”: orizzontali, variabili, ridotte sia in termini di capacità organizzativa che di efficacia pratica.
Teorie sull’efficienza di uno Stato non sono però problemi prioritari in Italia. Almeno fino ad oggi. Sono altre le questioni di cui occuparsi; l’assistenzialismo ad esempio, l’ambientalismo e il multilateralismo per l’appunto, il cui segno distintivo sarà sempre quello dell’esponente matematico di tante piccole organizzazioni “effimere”. Società fluide, reticolari, inefficienti. Meglio ribadire allora quanto detto nell’incipit: il multilateralismo ci salverà (?). Stavolta col punto interrogativo però.