di Rosario Pesce
Con la conclusione della fase 1 e l’inizio della fase 2, anche lo sport torna ad essere protagonista, per cui le attività sportive vengono autorizzate dai livelli regionali.
Naturalmente, cominceranno prima gli sport individuali e, poi, quelli di gruppo con modalità che prevedono allenamenti individualizzati per gli atleti.
Così, finalmente, può tornare il calcio, anche se in questa fase ancora incerto è il destino dei campionati, che dovrebbero svolgersi a cavallo dei mesi di giugno e luglio, in un periodo che, nelle stagioni normali, sarebbe stato quello dei ritiri e dell’avvio, quindi, delle nuove stagioni professionistiche.
Il Covid, dunque, ha modificato in modo sensibile un altro aspetto essenziale della vita sociale degli Italiani, quello afferente alla dimensione sportiva, che attira non solo passioni ed entusiasmi, ma in particolare grandissimi interessi economici.
Basti pensare che la conclusione normale della stagione calcistica 2019/20 vale per le società circa trecento milioni di euro in termini di diritti televisivi e di sponsorizzazioni, per cui, qualora lo stop ai campionati continuasse, il danno economico sarebbe notevole e molti club si troverebbero in grossa difficoltà, soprattutto nelle categorie inferiori, dove ovviamente il giro di denaro è molto inferiore rispetto a quello di serie A e B.
Per questo motivo, si intuisce la ragione delle pressioni che i sodalizi sportivi hanno fatto sui vertici della Federcalcio e delle Regioni per essere autorizzati a far riprendere gli allenamenti, in attesa che si sblocchi anche la vicenda inerente ai calendari per i mesi di giugno e luglio.
Certo, se si tornasse a calpestare i campi di calcio, saremmo in presenza di uno sport molto diverso da quello che abbiamo conosciuto, perché le partite si svolgerebbero ogni tre giorni, in piena estate ed in assenza del pubblico, che potrebbe assistere agli eventi sportivi solo grazie alla pay-tv.
Ma, se questa è l’unica modalità possibile per gustare uno spettacolo, che ci è mancato molto nel corso di questi ultimi due mesi, ben venga un’edizione anomala per la conclusione della stagione sportiva 2019/20, in attesa delle deliberazioni della Uefa, che non può non armonizzare la disciplina giuridica per tutti i campionati e tornei professionistici, che afferiscono – direttamente o indirettamente – alla sua competenza.
Naturalmente, conditio sine qua non è la tenuta, in termini di salute, degli atleti e del Paese più in generale, perché, se alla fine del mese di maggio il contagio dovesse risalire in modo preoccupante, è evidente che la stagione sarebbe formalmente conclusa con i verdetti che il campo ha trasferito alla data dell’interruzione, cioè nello scorso mese di marzo.
Ma, lo sport può e deve essere un elemento di traino per la società e, per questo motivo, sperare nel ritorno dei nostri amati campioni sarebbe una forma di investimento su un futuro che, oggi, presenta molte più ombre che certezze.