di Rosario Pesce
L’inizio delle Olimpiadi a Tokyo non può che mettere in evidenza le notevoli difficoltà legate allo svolgimento di un evento complesso in un periodo, come quello attuale, segnato dalla recrudescenza del Covid.
È ovvio che tutto subisce una trasformazione notevole rispetto agli spettacoli cui eravamo abituati.
L’assenza del pubblico negli stadi; le lungaggini sanitarie per gli atleti, costretti a dividersi fra il campo di allenamento ed il laboratorio medico, dove devono ciclicamente sottoporsi ai tamponi di controllo; l’eclissi dei grandi sponsor, che hanno preferito allontanarsi da un evento, che pure hanno finanziato in modo copioso; le preoccupazioni circa lo scoppio di focolai di infezione all’interno delle rappresentanze nazionali sono, queste, condizioni che non possono che rendere viepiù problematico lo svolgimento di competizioni che ci allietano una volta ogni quattro anni.
Ma, se questa è l’unica cornice possibile, è chiaro che siamo tutti soddisfatti che, comunque, le Olimpiadi di Tokyo non siano saltate, per quanto costrette a svolgersi in un clima surreale.
Ed, allora, evviva lo spirito di Olimpia: gli atleti nell’antica Grecia si radunavano da tutte le aree del mondo ellenico, che in concomitanza con le Olimpiadi antiche cessavano ogni forma reciproca di ostilità, per dedicarsi – unicamente – all’evento sportivo.
In tal caso, la principale ostilità, quella contro il Covid, non può cessare: se dimenticassimo che la pandemia, nonostante il vaccino, non è stata sconfitta, rischieremmo di commettere un grave errore di valutazione, che pagheremmo caramente all’inizio del prossimo autunno.
Per questo motivo, compatibilmente con le condizioni sanitarie complessive e con le conseguenze sul fatto agonistico, godiamoci per i prossimi quattordici giorni l’evento sportivo più bello al mondo, sapendo bene che la nostra vita sociale è cambiata in modo irreversibile da quando il virus ne è diventato padrone.
Peraltro, le Olimpiadi chiudono un’estate calda, che è stata costellata di tanti eventi sportivi di grandissima importanza, a partire dai campionati europei di calcio, a dimostrazione del fatto che, nonostante il virus, lo sport non è mai andato in soffitta: gli atleti, durante il periodo di lockdown, hanno continuato ad allenarsi, arrivando così a competere, sia pure con un anno di ritardo, nelle manifestazioni che avrebbero dovuto svolgersi nell’estate del 2020.
E, come l’agonismo non è scomparso a causa della pandemia, così lo spirito di sportività non deve mai cedere il posto a sentimenti cupi e negativi: lo sport è, nonostante tutto, il segno di una vita che rinasce e, sebbene il segnale sia ancora debole ed incerto, questo rigurgito di rinascita deve essere alimentato e sostenuto, perché le Olimpiadi nipponiche segnano – comunque – l’inizio di un nuovo percorso vitale per l’umanità.